Artisti dietro le quinte La vita dei pittori fantasma

Sono i parenti meno conosciuti dei ghost writer. Spesso vengono reclutati con annunci sui giornali: ricevono un compenso fisso per dipingere su commissione per conto di altri che poi firmano l’opera

Professione ghost-painter, pittore fantasma. Non la conoscete? Per forza, è un mestiere sommerso, sotterraneo, ufficialmente inesistente, un mestiere davvero fantasma, appunto. Un lavoro parente stretto di un altro un po' più conosciuto, quello del ghost-writer, lo scrittore anonimo che verga discorsi, romanzi, articoli di giornale che verranno poi firmati da altre ben più celebri penne. Con tele e pennelli da qualche tempo accade lo stesso: sono soprattutto i giovani artisti a doversi adeguare, quelli che, anche se usciti con le carte in regola dall'accademia, non riescono ad emergere nel mondo dell'arte ma non vogliono rinunciare ai loro sogni, alle loro speranze, un giorno, di vedere le loro opere sotto i riflettori di qualche museo o galleria e il loro nome apprezzato dai critici più severi. Per questo accettano per qualche tempo di fare i fantasmi, di non apparire, di non apporre quasi mai la loro firma sul quadro, ma di limitarsi a dipingere ad immagine e somiglianza di pittori troppo indaffarati a soddisfare le richieste di compratori, di collezionisti e galleristi per poter garantire da soli un certo numero di opere.
E allora si torna al passato, a secoli e secoli addietro quando erano i Raffaello, i Michelangelo, i Giotto e molte altre celebrità ad avere una scuola di giovani pittori da addestrare, da istruire e a cui affidare i particolari dei loro capolavori, di giudizi universali o di interminabili paradisi terrestri, di cappelle sistine o di altari maggiori, perché una vita non sarebbe bastata per ultimare chilometri e chilometri di affreschi. Ma qui non si tratta di un circolo di pittori «a bottega» che opera nel nome del loro maestro ventiquattr'ore su ventiquattro, qui ognuno è un po' ghost-painter e un po' no. Un po' dipinge su commissione, attenendosi scrupolosamente alle regole e allo stile di chi li assolda perché imiti alla perfezione ritratti, paesaggi, disegni astratti e nature morte, un po', appena può, dipinge per se stesso, secondo il suo estro, dando via libera alla sua creatività, senza obbligo di adeguare la sua mano a quella altrui, organizzando magari anche mostre in cerca di una fama che un giorno gli permetterà di togliersi finalmente i panni di fantasma e di riacquistare la sua vera identità.
Pittori ad immagine e somiglianza. La tendenza degli esecutori su commissione arriva dagli Stati Uniti, lanciata e consolidata da nomi celebri dell'arte contemporanea. Due tra tutti: Jeff Koons e Mark Kostabi. Il primo è una figura emblematica, irriverente, provocatoria ma anche tra le più quotate dell'arte americana, il secondo, invece, è l'ironico esponente del movimento artistico newyorkese dell'East Village che vive tra gli Stati Uniti e Roma ed è un vero e proprio imprenditore d'arte, titolare a New York del «Kostabi World», una bottega creativa che ricorda tanto quelle rinascimentali, dove ognuno ha il suo ruolo artistico: lui, il maestro, abbozza le idee, verbalmente oppure schizzandole su fogli di carta, uno dei suoi diciotto ghost-painter riceve questi appunti via e-mail o via fax e li esegue, passo passo, quasi sotto dettatura, tramutandoli in opere d'arte, poi, una volta ultimati e controllati rigorosamente da Kostabi vengono titolati da due poeti oppure attraverso un quiz televisivo (chi propone il nome più bello vince venti dollari) e poi firmati: soltanto a questo punto chi ha realizzato materialmente l'opera viene finalmente pagato.
In fondo è un lavoro come tanti, simile a quello di irreprensibili impiegati dell'arte, spesso con stipendio fisso a fine opera e orario di lavoro da rispettare. Chi accetta deve sottostare alle regole, personalizzate a seconda delle esigenze dei committenti. Di solito i ghost-painter vengono reclutati attraverso annunci pubblicati sul New York Times o su The Village Voice, gli artisti che vengono prescelti sono pagati ad ora (circa 15 dollari) oppure ad opera (all'incirca 400 dollari a realizzazione, in molti casi riescono a «produrre» anche un pezzo al giorno e il guadagno si fa interessante), alcuni hanno l'obbligo di orario fisso nell'atelier del pittore, dalle 9 alle 17, altri possono dipingere a casa propria, in assoluta libertà, sempre rispettando, ovviamente, le indicazioni stilistiche e le tecniche pittoriche del loro maestro, a seconda che si tratti di eseguire l'idea oppure di inventarla. Una tendenza che Mark Kostabi, facendo dell'autoironia, ha persino tramutato in un dipinto, intitolato Backlash (e realizzato però chissà da chi): si vedono diversi rematori su un Bucintoro intenti ad intingere i pennelli in barattoli di colore e controllati a vista da un uomo nell'atto di frustarli, che poi sarebbe il pittore famoso in attesa dell'opera d'arte da presentare al mondo che forse non saprà mai chi è il vero autore. «Affidare il lavoro ai collaboratori è anche un modo per dare del filo da torcere ai falsari», ha spiegato una volta proprio Kostabi. «Sul retro del quadro, infatti, appongo sempre la mia firma ma faccio aggiungere anche quella del pittore che vi ha collaborato, in questo modo è più difficile falsificare un'opera prodotta da diverse persone».
Saranno quadri che resisteranno nel tempo, che diventeranno capolavori, finalmente attribuibili non più all'autore che li ha firmati ma perlomeno arricchiti dalla dicitura «della scuola di...», tanto per rendere un minimo di giustizia a chi ha materialmente pennellato le tele, oppure finiranno per essere, prima o poi, sconfessati da chi capirà che non si tratta di opere, merito di ingegno individuale? Dipende. Secondo Nikita Kruscev, per esempio, il problema, in fondo, è relativo: «L'arte moderna», diceva lo statista, «si chiama così perché non ha nessuna probabilità di diventare antica» e dunque cosa importa se chi la crea è un pittore fantasma oppure un vero, unico, inimitabile artista.
Ma esiste anche un'altra categoria di cosiddetti ghost-painter, formata non da artisti su commissione ma da «copisti», ovvero da chi si limita a copiare l'arte del passato, quella celebre, sacra o profana che sia. Basta navigare su internet per trovare decine di siti di finte opere virtuali (da www.dipintifamosi.it a www.falsidarte.it a www.bottegadautore.it, per esempio), per scoprire un altro mondo sommerso di falsari dichiarati. Che è quello di pittori fantasma (giovani, vecchi, chissà) veri e propri copioni, bravi a prendere tela, china, oli e pennelli e a riprodurre fedelmente, facendoli diventare «autentici falsi», quasi più veri degli originali, i girasoli di Van Gogh o le donne cannone di Botero, i nudi di Modigliani o le tahitiane di Gauguin, persino L'ultima cena di Leonardo da Vinci e La creazione di Michelangelo, passando per Munch e Picasso, per Klimt e Matisse, per Botticelli e Velazquez, ad uso e consumo di chi ama i capolavori ma non può permetterseli (e i quadri, per onestà, vengono forniti in molti casi con certificato di non autenticità).

C'è da stupirsi di quest'arte che continua ad imitare se stessa, che sembra non divertirsi più ad inventare, ma si accontenta di riprodurre quasi in fotocopia le idee altrui? Forse no, almeno a voler dar ragione a Renato Guttuso quando affermava: «La pittura? Non è altro che una lunga fatica di imitazione di ciò che si ama».

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