Ascoli-Reggina, se questo è fair play...

Adesso però non appiccichiamoci sul petto il distintivo di nuova patria del fair play. Non esultiamo come se il pallone di casa nostra si fosse improvvisamente svegliato nella celestiale dimensione del volemose bene. Non ergiamoci a maestri di lealtà e sportività. No, niente di tutto questo. Anzi. La scena vista durante Ascoli-Reggina, con i padroni di casa che lasciano segnare indisturbati gli avversari, è al massimo la riparazione a una mascalzonata da partitella ai giardinetti. Il fair play, il giocare pulito, il codice d’onore dello sport, è un’altra cosa. Lontana anni luce da quello che è successo ieri pomeriggio allo stadio «Del Duca» di Ascoli.
Innanzitutto i fatti. Al 14’ del primo tempo il difensore della Reggina Carlos Adrian Valdez, poi costretto alla sostituzione, si ferma e cerca di calciare il pallone in fallo laterale per chiedere il cambio. Attenendosi alla lettera al vademecum «Il fair play, questo sconosciuto», i padroni di casa, invece, tengono in gioco la sfera: Vincenzo Sommese sfreccia sulla fascia destra senza badare all’infortunato Valdez, guadagna il fondo del campo e serve a Mirko Antonucci l’assist per l’1-0. L’atmosfera si fa subito rovente e le proteste dei giocatori della Reggina si trasformano in violenza: Andrea Costa sferra un colpo al numero 10 ascolano Vincenzo Sommese e viene espulso. A riportare la calma ci pensa, dopo qualche minuto di consulto tra le panchine, il tecnico dell’Ascoli, Bepi Pillon - l’anno scorso sulla panchina della Reggina -, che ordina ai suoi di concedere agli ospiti il gol del pareggio. L’1-1 del fair play porta la firma di Biagio Pagano, che supera la linea di difesa dell’Ascoli e, con il portiere avversario immobile, mette in rete il pallone del pareggio. Bene, bravi, bis. Tutto bellissimo, se non fosse che la Procura Federale potrebbe aprire un’inchiesta a riguardo e per un’altra considerazione.
Intendiamoci, onore ai marchigiani che alla fine hanno preso sicuramente la decisione migliore, ma - a ben guardare - questo non è fair play. Se Sommese avesse lasciato uscire il pallone consentendo agli avversari la sostituzione, non sarebbe stato meglio? Ci saremmo risparmiati una rissa furibonda tra ventidue omaccioni, ci saremmo risparmiati il pugno di Costa a Sommese, avremmo visto cinque minuti di conciliaboli per sbrogliare la rovente matassa in meno e cinque minuti di calcio in più. Lasciare uscire il pallone per permettere la sostituzione agli avversari non sarebbe stato ugualmente un bellissimo esempio di correttezza e lealtà? Sicuramente non sarebbe finito su giornali e televisioni, ma il calcio - quello sano e genuino, quello del gioco veramente pulito - ci avrebbe guadagnato.
Forse, per capire cos’è veramente il fair play, conviene ancora una volta andare a sbirciare negli altri campionati. Magari in Inghilterra, dove in una partita di Carling Cup fra Nottingham Forest e Leicester City i giocatori del Leicester hanno lasciato segnare indisturbato il portiere del Forest, Paul Smith. Originariamente la partita era stata sospesa qualche settimana prima durante l’intervallo proprio sul risultato di 1-0 per il Nottingham Forest per via di un attacco di cuore di un giocatore del Leicester, Clive Clarke.

I giocatori e i dirigenti avevano apprezzato l’immediata disponibilità del Nottingham a sospendere la partita, nonostante il match sarebbe stato ripetuto ripartendo dallo 0-0: per compensare il bel gesto, i calciatori del Leicester, nella ripetizione della gara, avevano da subito «riaggiustato» il risultato. E - questo è sicuro - nel farsi segnare non avevano gli stessi volti imbronciati dei colleghi ascolani.

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