La Asl, campi rom a rischio epidemie

Morbillo, leptospirosi e focolai di epatite A. Sì, proprio quel virus che l’Occidente ha debellato, che attacca il fegato e che si trasmette «con contatti di natura alimentare» dove le condizioni igienico-sanitarie sono precarie. Quadretto infettivo dei campi rom milanesi, che l’Asl registra in quelle discariche a cielo aperto dove sopravvivono cinquemila persone.
Fotografia scattata anche dalle associazioni di volontariato e assistenza, dal Naga ai Medici nel mondo, in quei campi spalmati sul territorio cittadino che rappresentano una situazione di estremo degrado: ovunque ci sono «topi, rifiuti, sporcizia e scarafaggi», ovunque ci sono «bambini ammalati con febbre, tosse e vermi nell’intestino».


E mentre l’assessore alla Salute di Palazzo Marino garantisce «la tutela sanitaria dei milanesi», spuntano due documenti: il primo, del 2002, rimasto lettera morta per l’opposizione dei Comuni dell’hinterland presentava un piano per evacuare i rom da Milano in provincia e il secondo è un vecchio accordo di Opera con la Provincia di Milano. Intesa per non «non ospitare» nomadi dopo «il carcere».

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