«La cosa curiosa è stata quando i banditi stavano svuotando la cassaforte e io ho chiesto di lasciar stare alcuni oggetti perché non erano nostri ma dei clienti. E loro hanno detto va bene e li hanno lasciati lì». Cerca di sorridere almeno su questo S.M., 38 anni, per una ventina di minuti ostaggio di tre rapinatori, insieme a uno dei due soci delloreficeria. «Appena finito la razzia mi hanno legata e sbattuta a terra. Poi sono fuggiti, mi sono messa a urlare, e dopo pochi istanti è arrivato laltro titolare, che era giù nello scantinato». Il resto è la solita trafila: linventario del danno subito, 45mila euro circa tra ori e contanti, larrivo dei carabinieri che raccolgono indizi e impronte, quindi portano le vittime in caserma per raccogliere ogni particolare utile alle indagini.
Sono circa le 12.45 in via Padova 156, nel negozio «Compro oro», specializzato nellacquisto e vendita di gioielli vecchi, ci sono i due soci, Andrea M., residente in provincia di Como, e Sebastiano F., abitante in città, entrambi di 34 anni. Con loro anche S.M. «Non metta il nome di battesimo, è troppo particolare», che abita poco distante. Andrea è nello scantinato al computer, Sebastiano e la commessa, tirata giù la saracinesca, escono dalluscita di servizio che dà sul retrobottega e quindi sul cortile del condominio a fianco.
«Non ho nemmeno fatto in tempo ad aprire la porta che mi sono venuti addosso - racconta S.M. - Il primo aveva una pistola e me lha puntata alla testa, gli altri due il coltello con il quale ha minacciato Sebastiano». Non sono mascherati, quindi intimano alle vittime di tenere gli occhi bassi e non guardarli in faccia. Quindi prendono i due e li legano con del nastro adesivo da pacchi. Poi passano nel negozio e in un baleno svuotano gli espositori. Ma non basta, quindi rientrano nel retrobottega e chiedono ai due chi abbia la chiave della cassaforte. Risponde la commessa che viene alzata di peso e portata di là per far aprire il forziere. E qui avviene lincredibile scena dei banditi che lasciano gli oggetti dei clienti. A quel punto riavvolgono nello scotch la donna, la derubano e la buttano a terra. Poi infilano il retrobottega, sfilano il Rolex dal polso di Sebastiano, intimano di aspettare almeno una ventina di minuti prima di dare lallarme infine fuggono.
«Non mi hanno legato molto bene e appena allontanati sono riuscito a liberarmi - racconta Sebastiano - Non mi hanno dato impressione di grandi professionisti, anche se devono aver studiato bene le nostre abitudini prima di fare il colpo. E forse la pistola era solo una riproduzione ma, date le circostanze, non mi è sembrato il caso di verificarlo».
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