Gli assassini di Baldoni: «Siamo stati noi»

Fausto Biloslavo

Cellule di terroristi sunniti, frange impazzite di estremisti sciiti e infiltrazioni di agenti iraniani sono le minacce nell’ombra della provincia di Dhi Qar, dove è dispiegato il contingente italiano. La doppia rivendicazione apparsa ieri su internet dell’attentato contro i nostri soldati vanno prese con la dovuta cautela, ma sono firmate da gruppi del terrore alleati di Al Qaida.
La prima rivendicazione è arrivata dalle brigate Iman Hussein, una formazione minore, che prende il nome dal «martire» storico degli sciiti, ma in realtà è legata alla frangia sunnita più sanguinaria della guerriglia irachena guidata da Abu Musab Al Zarqawi. Sotto il titolo «uccisi tre italiani ed un rumeno a Nassirya» è apparso il testo vero e proprio della rivendicazione. «Oggi 27/4/2006 è stato fatto esplodere un ordigno contro una pattuglia delle forze italiane ­ scrivono le brigate Imam Hussein - che ha distrutto il veicolo nella regione di Nassirya, sud dell'Irak. Lode ad Allah». Il sito che ha ospitato la rivendicazione è un forum ufficiale legato alla costellazione di Al Qaida. Poco dopo, però, è apparso sullo stesso sito una nuova rivendicazione, questa volta dell’Esercito islamico, formazione ben più nota che ha rapì e uccise il giornalista italiano Enzo Baldoni.
Nonostante la provincia di Dhi Qar sia a stragrande maggioranza sciita non va dimenticato che esistono enclave sunnite, considerate dei nascondigli sicuri, per cellule solitamente in «sonno». Gli scorsi mesi sono stati arrestati nella zona nord di An Nassirya, quattro sospetti affiliati ad Al Tawid Al Jihad, una costola di Al Qaida legata ad Al Zarqawi. La cellula era accusata di avere compiuto attentati nella capitale. Quando Saddam fa il suo show mediatico durante il processo per crimini di guerra di cui è imputato, nel capoluogo di Dhi Qar circolano volantini che inneggiano al ritorno al potere del partito Baath.
Il ministero degli Interni ha annunciato recenti arresti ad An Nassirya di fedelissimi di Saddam legati ad Al Awda, che significa «il ritorno» e punta a raccogliere l’eredità della vecchia nomenklatura sunnita ai tempi del Rais. Dell’ostica zona di Suq Ash Shuyukh, nel sud della provincia, è originario Abd al Baqi al Sadoon, dell’omonima tribù sunnita, uno dei pochi pezzi grossi del vecchio regime ancora latitante.
L’Esercito islamico, che ha rivendicato l’attentato, è composto in gran parte da ex militari o agenti dei servizi di Saddam, che hanno sposato la causa del radicalismo islamico.
A parte i terroristi sunniti una delle minacce più serie nella provincia del contingente italiano sono le milizie sciite, in particolare l’Esercito del Mahdi, braccio armato di Moqtada al Sadr, il piccolo Khomeini iracheno. Il suo movimento è diviso in tre spezzoni: una parte fedele alla linea del capo, un’altra finanziata dall’Iran ed una terza composta da avanzi di galera pronti a tutto. Con gli estremisti sciiti, che si distinguono per le loro divise nere, i soldati italiani sono stati impegnati a più riprese dal 2004 nelle cosiddette «battaglie dei ponti» per il controllo di An Nassirya.
Il nuovo leader del movimento di Sadr nella zona si chiama Haidar al Jabari ed è un predicatore, che non avrebbe il controllo di tutte le fazioni. La frangia composta da avanzi di galera è una scheggia impazzita che vede come fumo negli occhi la presenza di qualsiasi contingente straniero, compreso quello italiano. Da Bagdad la parlamentare Bahaa Araji, eletta nelle liste che fiancheggiano Moqtada Sadr, ha però dichiarato l’estraneità dell’Esercito del Mahdi nell’attentato.
La provincia di Dhi Qar, come tutto il sud del Paese, subisce l’influenza dell’Iran. Durante gli ultimi pellegrinaggi sciiti, un paio di mesi fa, grazie alle processioni verso le città sante di Najaf e Karbala si sono infiltrati nel paese 160 agenti iraniani. Alcuni hanno incontrato e rifornito di armi gruppi sciiti minori, ma radicati nella provincia di Dhi Qar, come il 15 Shaban.


Uno dei leader più carismatici del gruppo è Salman Shareef, l’unico sopravvissuto all’imboscata del 1996 contro Uday Hussein, il figlio del deposto dittatore rimasto ferito nell’attacco avvenuto a Bagdad. Shareef fa parte del consiglio provinciale di sicurezza, che si occupa dell’ordine a Dhi Qar e apparentemente ha sempre mantenuto buoni rapporti con gli italiani.

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