Gli assassini di Torni hanno ormai le ore contate

LE INDAGINI A un anno dall’agguato mortale sarebbero state trovate prove più che sufficienti

Un anno di indagini e misteri a Tor San Lorenzo. Ora i killer di Alessandro Torni, un pregiudicato accusato di aver «giustiziato» uno spacciatore di 27 anni per difendere l’onore di un amico, avrebbero i giorni contati.
Questo secondo i carabinieri di Anzio, che da tempo hanno inviato in Procura un fascicolo zeppo di prove.
I nomi dei presunti assassini? Top secret, almeno fino a quando i giudici di Velletri non firmeranno le ordinanze di custodia cautelare in carcere. Una storia di malavita ben organizzata, quella accaduta sul litorale romano nel gennaio 2008 e che riporta indietro di nove anni quando sulla spiaggia della stessa Tor San Lorenzo un commando di 4 uomini, forse cinque compresa una donna, uccide a colpi di pistola un giovane di Aprilia, Mario Guzzon, 27 anni. Un tipo scomodo, che non aveva pagato la cocaina presa a credito, da vendere ai giovani della zona.
Soprattutto un ragazzo «chiacchierato», che avrebbe avuto una relazione con la moglie del principale imputato del suo omicidio, Gennaro Bruno, condannato in I e II grado a 25 anni di carcere, poi prosciolto grazie alle dichiarazioni di un pentito. Ebbene il filo che lega i due omicidi porterebbe all’ambiente dei narcotrafficanti in affari con i boss campani da tempo trapiantati nel sud pontino, Latina e Aprilia in particolare.
Sono passate da poco le 19,30 di un gelido giovedì. Torni è in auto con il padre e il figlio, su una Ford Fiesta grigia. È appena uscito dalla caserma dei carabinieri dove ha l’obbligo di firmare. In attesa di processo, è in libertà vigilata: da qualche mese il 43enne può uscire di casa dopo 5 anni di arresti domiciliari e l’annullamento in Cassazione della condanna in primo grado a 23 anni per omicidio.
I tre sono sulla via Laurentina all’altezza delle «Salzare» quando un’Alfa 164 li supera tagliando la strada. L’uomo è costretto a fermarsi su una cunetta, dall’altra auto escono in due. Ha paura Torni e abbassa il finestrino di qualche centimetro. Lo spazio sufficiente al killer per infilare la canna di un revolver di grosso calibro e sparare due colpi in pieno petto.
La tragedia si consuma davanti ai suoi familiari. Mentre gli assassini si allontanano a tutto gas, il padre telefona al 118. Inutilmente: l’uomo muore durante il trasporto in ospedale.
Che si tratti di un agguato pochi dubbi. E che gli autori siano collegati ai tanti nemici di Torni, primo fra tutti Massimo Rosati, il pentito che si autoaccusa di aver partecipato all’esecuzione di Guzzon, anche. Rosati entra nel processo per la morte di Guzzon, l’omicidio del San Valentino 1999, solamente nel 2002, tirato in ballo dalla moglie di Torni, Francesca Di Lazzaro, che lo accusa per scagionare il marito. A quel punto Rosati ammette si di aver sparato su Guzzon, ma solo un colpo.
Come, del resto, avevano fatto a turno tutti gli altri davanti lo stabilimento «Il Gabbiano»: oltre a lui, Torni, Dino Amarilli e un quarto uomo, secondo gli inquirenti Bruno, il primo a essere arrestato dopo la prova stub e condannato in I e II grado a 23 anni, infine scagionato dalla «gola profonda».
Secondo Rosati, infatti, Bruno non c’entra con l’omicidio Guzzon.

Con loro ci sarebbe stata la moglie di Torni. Per i giudici le sue parole, però, non corrispondono completamente alla verità e la donna non verrà mai accusata. Il processo ricomincia da zero, con i sopravvissuti.
yuri9206@libero.it

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