Roma Da Calogero Mannino a Giulio Andreotti, da Rino Formica fino all’ultimo caso: quello di Carmelo Conte. Dopo vent’anni di calvario l’ex ministro socialista alle Aree urbane dal ’91 al ’93, è stato assolto, anche in secondo grado, con formula piena perché il fatto non sussiste, dall’accusa di aver intrattenuto rapporti con la camorra. Un verdetto che dovrebbe somigliare a una vittoria, al classico «e alla fine la giustizia trionfò», ma che, al termine di un processo dai tempi irragionevolmente lunghi, di una infinita via crucis giudiziaria che equivale a una sospensione della vita, è offensivo considerare come tale.
«Si conclude un processo costruito in vitro, basato sul sentito dire» commenta Carmelo Conte che si concede un lungo sfogo, una volta appresa la notizia. «L’Italia è un Paese nel quale si può finire sotto processo per sentito dire e nel quale 20 anni dopo si viene assolti. Non potevo fare altro che aspettare». La vicenda risale all’inizio degli anni Novanta quando Conte fu accusato di avere rapporti con la camorra della Piana del Sele. Già in primo grado, le accuse non ressero alle verifiche incrociate. I giudici, a fronte di una richiesta di assoluzione per insufficienza di prove, assolsero con formula piena l’ex ministro.Poi la sentenza di secondo grado che ha confermato che «il fatto non sussiste».
«Mi hanno bloccato all’apice della mia carriera politica - dice - con me hanno compresso una intera generazione. Tutti quelli che credevano in me e mi sono rimasti accanto, si sono sentiti, per questi lunghi vent’anni, sotto processo. Ero considerato inattaccabile e anche io credevo di esserlo perché ho sempre combattuto contro la camorra». Nessuno, racconta Conte, «credeva che io potessi avere rapporti con la camorra». Anzi «è stato dimostrato che io ho portato avanti battaglie contro la criminalità organizzata. Nell’81, con Francesco De Martino, presentammo la proposta per istituire una commissione che si occupasse del fenomeno della camorra in Campania». «In questo processo io sono la parte lesa - precisa - sono stato prigioniero sulla base di un sentito dire, una notizia falsa. Voci anche contrastanti. Un teste, durante un’udienza, ha fatto dire al suo avvocato che le dichiarazioni che aveva reso su di me non erano vere». Non è questo l’unico episodio dai contorni poco chiari. «La moglie di un pentito ha testimoniato che il marito avrebbe ottenuto benefici se mi avesse accusato. La stessa persona ha poi detto di non conoscermi nemmeno». Ecco perché, piuttosto che parlare di «accuse», preferisce parlare di «sentito dire». «Non mi è mai stato attribuito nulla, si voleva soltanto colpire la mia attività politica».
I commenti alla sentenza sono tutti sul filo dello stupore e dell’indignazione. «Quello che è successo a Conte dimostra le autentiche aberrazioni perpetrate da alcuni settori della magistratura che hanno cambiato le vicende politiche del nostro Paese», commenta Fabrizio Cicchitto.
Di «vicenda raccapricciante che dimostra che il problema giustizia è grande come una casa» parla Francesco Storace. «Sono felice perché conosco Conte da tanto tempo» conclude Stefano Caldoro «sono sempre stato sicuro della sua completa estraneità. La sua storia, politica e personale, lo testimonia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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