Per attaccare il Cav la sinistra va contro Ue, mercati e logica

La crisi finanziaria ed economica non è finita. La Grecia ha fatto la sua parte, in negativo. Tutti i governi europei (sottolineiamo tutti) mettono in atto manovre pesanti, per intendersi tra i 50 e i 100 miliardi di euro. Il governo italiano propone una manovra da 24 miliardi di euro in due anni per non finire come la Grecia. L’opposizione che fa? Tace. Parlano quelli che, di fatto, da sempre, hanno condizionato in modo prevalente l’opposizione: il sindacato di Guglielmo Epifani, la Cgil, la sinistra non riformista, figlia di Bertinotti, oggi impersonata da Nichi Vendola. Epifani ha detto che, naturalmente, questa è una finanziaria iniqua. Vendola ha parlato di mani e di dita che non sarebbero infilate in tasca agli italiani ma negli occhi dei medesimi. Proposte alternative e costruttive meno che l’ombra.
Questa è l’opposizione italiana che non cambia neanche in presenza di una crisi economica che presenta caratteri talmente evidenti che le istituzioni europee ed internazionali hanno indicato soluzioni standard praticamente per quasi tutti gli Stati europei. Come a dire che non c’è tanto da ragionare: c’è un modello di Stato della spesa pubblica, o di welfare che dir si voglia, che va tagliato perché non regge più e perché l’economia reale non ne regge più il peso. Questo vale per tutti i Paesi europei, vale per l’Italia, vale per tutte le istituzioni finanziarie mondiali. Non vale per Vendola, per Epifani. Per il resto della sinistra non si sa neanche se vale o no perché, essendo muta, non c’è dato di sapere cosa ne pensano.
Del resto ce la immaginiamo bene questa sinistra alle prese con un problema grosso come una casa. Si chiederà cosa debba fare in una situazione nella quale l’Europa e tutti coloro che usano il buonsenso chiedono di andare in una direzione che smantella quello Stato che loro hanno promosso e perseguito per decenni. Lo Stato della spesa e lo Stato che manovra la maggioranza del prodotto interno lordo. Oggi non contano più i critici dell’economia o gli economisti di tradizione marxista più o meno ortodossa. Oggi conta la pagella che quotidianamente danno i mercati e quei Paesi dove l’economia fa acqua perché hanno un debito forte e perché lo Stato è troppo presente ricevono voti negativi. Questa è la realtà. Di fronte a questo i più o meno autorevoli rappresentanti del centrosinistra italiano si chiederanno: come facciamo ad andare contro un governo che fa una manovra di minore entità di quella di altri Stati europei e la fa seguendo in modo pedissequo (anche troppo a nostro parere) quello che ha richiesto l’Europa? Come facciamo a dire male della manovra di Tremonti e, nello stesso tempo, a dire bene dell’Europa se Tremonti non ha fatto altro che quello che l’Europa chiede? In altri termini ancora: come facciamo a dimostrarci moderni e riformisti e nello stesso tempo criticare quegli interventi di finanza pubblica richiesti da un’economia moderna?
La Cgil non si pone tutti questi problemi. Non si tormenta. Ha già indetto uno sciopero generale. Ma contro chi sciopera? Contro il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, la Banca centrale europea, la Commissione europea? Sciopera forse contro la finanza pubblica greca che ci poteva portare allo sfascio?
Dice Epifani che questa manovra grava troppo sul pubblico impiego perché per due anni ai lavoratori del settore pubblico non sarà aumentato lo stipendio.

Ci pensa Epifani a quanti del settore privato non ce l’hanno più e a quanti lavoratori autonomi lo stipendio è già calato, e non aumentato, proprio a causa della crisi e non della manovra di Tremonti? È uno sciopero contro la realtà, somiglia ai pugni contro il muro dell’adolescente che non vuole accettare se stesso. Altro che politica. Altro che equità.

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