Attentati, criminalità e moschee I milanesi temono gli immigrati

Un’indagine della Camera di Commercio: «Pesano gli ultimi episodi, da Chinatown ai nomadi»

Saranno state le bandiere rosse della Repubblica popolare cinese all’incrocio di via Sarpi, oppure i sassi dei rom contro la polizia in Triboniano, o forse le botte dei peruviani ai ghisa nel parco Cassinis. Il risultato è che Milano si scopre meno disposta di un anno fa all’accoglienza incondizionata degli immigrati: a rivelarlo è un’indagine della Camera di Commercio meneghina. Anzi, i milanesi che si dichiarano scettici in merito a qualsiasi tipo di integrazione sono triplicati. «Piuttosto la città dovrebbe «controllare l’immigrazione clandestina», ricetta passata dal 53 per cento del 2006 all’attuale 62,3%. Perde colpi la convinzione che «gli immigrati provenienti dai Paesi arabi dovrebbero mantenere le loro usanze, comprese quelle religiose» (31,8%); mentre aumenta il numero di chi crede in un’integrazione sul modello assimilazionista («dovrebbero adeguarsi alle nostre usanze» 62,3%, +15 punti).
Un quadro di generale diffidenza consolidata da altri elementi: si dimezzano i favorevoli ai matrimoni multietnici (ridotti al 14%), e ormai in sette casi su dieci i milanesi ammettono di non avere alcun legame con persone de mondo arabo. Slittamento di mentalità che si rispecchia nelle risposte date alla domanda: «Sareste favorevoli all’apertura di una nuova moschea a Milano?». In questo caso i contrari, nel giro di un anno, sono saliti al 48,5 per cento, i «disponibili» crollati al 21. Tra le ragioni del rifiuto l’opportunità di «spendere meglio» il denaro pubblico, l’idea che l’islam sia «una religione pericolosa», e soprattutto il timore che un luogo di culto si trasformi in un «ritrovo di terroristi». Altro nodo cruciale, il diritto di voto per gli extracomunitari. Un’estate fa i milanesi che vedevano di buon occhio tale concessione ai residenti regolari in Italia da oltre 10 anni erano la maggioranza. Adesso la percezione del problema si ribalta completamente, visto che nel 70 per cento delle risposte è emersa una chiusura totale alla eventualità. Solo l’ottenimento dello status di cittadino italiano potrebbe far cambiare idea a una parte dei contrari.
Nel complesso, l’atteggiamento nei confronti degli immigrati risulta cambiato in peggio. Oggi mostra una maggiore diffidenza il 35 per cento degli interpellati, dato tre volte più alto in confronto al precedente sondaggio. Allo stesso modo, in pochissimi ritengono ancora che la presenza di extracomunitari abbia un impatto positivo su Milano. Ammissione di sconforto che si trasforma in paura quando è in gioco la sicurezza. Il 65 per cento dei milanesi, infatti, ammette di sentirsi «meno sicuro» di ieri quando si trova in luoghi che riempiono la vita quotidiana come stazioni, metropolitane e centri commerciali (colpa sì della minaccia terroristica, ma pure della microdelinquenza). Commenta Bruno Ermolli, presidente di Promos: «Segnali che dimostrano come la città non è ancora pronta per l’integrazione, sebbene questa è un fatto ineluttabile.

È “solo” questione di comprensione reciproca». Per l’assessore alla Sicurezza, Riccardo De Corato, l’unica soluzione è «intervenire in tutte le aree senza legge, come stiamo facendo. L’unico antidoto per evitare che la paura degeneri in xenofobia».

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