Attenzione a Damien Rice Parla, canta, commuove

Allora bisogna spegnere la realtà fuori dalle finestre. Lasciare solo il buio, quello carico di attesa, quello che precede la prima scena di un film. Eccolo. Lentamente, e piangendo e soffrendo, Damien Rice ha cantato le dieci canzoni del suo animo, le ha stropicciate fino a trasformarle in una confessione e mamma mia quant’è sentita. Ha suonato la chitarra facendo tremolare il vino rosso nel suo bicchiere sul tavolo. Ha acceso batteria e wulitzer per urlare «vaffanculo» all’albero senza radici (Rootless tree) che cresce nella sua vita.

È diventato insomma, lui nella sua Irlanda alla periferia del mondo, lui con una voce che ora sembra di Bono ora di Thom Yorke, la voce di una generazione che si è stufata dei massimi sistemi, che ha capito che l’interesse di tutti non interessa nessuno e quindi meglio preoccuparsi del proprio, degli amori, della vita di tutti i giorni e di tutte le notti, del disperato bisogno di diventare finalmente felici perché, accidenti, mica è così facile far solo finta di esserlo. Non lo condividerà nessuno ma piacerà a tutti, garantito.

Damien Rice - 9 (Wea)

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