Attività fisica: toccasana per i diabetici

È allarme tra i giovani: i cibi grassi creano i malati del futuro

Il trapianto combinato pancreas-rene è in grado di prolungare la sopravvivenza dei diabetici in dialisi o con insufficienza renale cronica. Rientra quindi a pieno titolo tra le possibilità che il diabetologo deve proporre ai pazienti per i quali tale scelta è appropriata. Molto ci si attende dalle cellule staminali e dalla terapia genica, per la quale è necessario esprimere insieme ottimismo e prudenza, al fine di mantenere vivo l’interesse per la ricerca, ma evitare nei pazienti aspettative non giustificate. Questo in sintesi il giudizio emesso dai diabetologi riuniti a Milano, sino a sabato 20 maggio, per il 21° congresso nazionale della Società italiana di diabetologia.
Sono presenti in oltre duemila per discutere delle più recenti conquiste della diabetologia. Prima della scoperta dell’insulina, avvenuta nel 1922, la diagnosi di diabete rappresentava una autentica condanna a morte. Oggi con questa malattia che colpisce oltre 1,5 milioni di italiani (altrettanti sono diabetici senza saperlo) si convive con buona qualità di vita.
«Numerosi gli studi e le ricerche presentate, tanti i dibattiti di approfondimento interdisciplinari», spiega Antonio Pontiroli, presidente del congresso e della Sid. «Sono previsti, tra gli altri, simposi di aggiornamento su genomica e proteomica, analisi sugli effetti del diabete su apparato osteo-articolare, cute, cavo orale, apparato riproduttivo, ricerche sui meccanismi molecolari e cellulari delle complicanze croniche. «Da molto tempo si riconosce all’attività fisica un ruolo essenziale nella gestione del diabete», dice Pontiroli. precisando che è proprio la scarsa attività fisica, la cattiva alimentazione, l’eccesso di grassi, che stanno provocando in molti giovani obesità e diabete. «Se non si interviene con un cambiamento drastico negli stili di vita migliaia di persone rischieranno gravi complicazioni cardiovascolari», ricorda il professor Giulio Mariani, diabetologo all’ospedale San Carlo di Milano e presidente dei medici diabetologi lombardi. «Per cambiare gli stili di vita - aggiunge Mariani - si deve agire con adeguate campagne già sui bambini che frequentano gli asili e le scuole materne. Alle mamme si devono spiegare i danni che le troppe merendine possono provocare. Il medico poi – precisa Mariani - deve instaurare con il paziente un rapporto più profondo. Non è sufficiente informare il diabetico sulle complicanze che si possono manifestare. Si devono condividere le difficoltà che quasi sempre si registrano quando il paziente vuole cambiare lo stile di vita. Il clinico deve essere in questi casi soprattutto uno psicologo. Informare non basta, il malato va educato e aiutato a raggiungere i giusti obiettivi».


«Già all’inizio Novecento - prosegue Alberto Bruno, presidente della Sid Piemonte e Valle d’Aosta - Elliot Joslin, bostoniano, padre della diabetologia, aveva enfatizzato l’importanza del movimento al pari della dieta e della terapia farmacologica. Ora tutti ne sono convinti».

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