"Cambiare i territori senza aspettare che dall’alto qualcuno lo faccia". Intervista ad Asia Trambaioli

Parla la presente dell’Associazione Comuni Virtuosi. Tra gli obiettivi: attivare politiche innovative in settori come la gestione sostenibile dei rifiuti, l’efficienza energetica, l’economia circolare, la co-progettazione partecipata e la formazione per i giovani amministratori

Asia Trambaioli, presente Associazione Comuni Virtuosi
Asia Trambaioli, presente Associazione Comuni Virtuosi

In un Paese imbrigliato da una burocrazia asfissiante, non resta che fare la rivoluzione partendo dal basso. L’idea compie 20 anni, ed è stato quasi un sogno, come dice la presente dell’Associazione Comuni Virtuosi Asia Trambaioli. Che - tra l’altro - ha solo 27 anni, e dunque può considerarsi a pieno titolo una rivoluzionaria, ancor di più per la carica di vicesindaco che riveste nel comune rodigino di Gaiba, 950 abitanti.

Fondata a Vezzano Ligure nel 2005, l’associazione è nata da una visione concreta: cambiare i territori senza aspettare che dall’alto qualcuno lo faccia. Partendo da quelle amministrazioni locali che ogni giorno affrontano, spesso da sole, le sfide della transizione ecologica, della giustizia sociale e dell’inclusione.

Oggi sono più di 148 i Comuni associati, trasversali per appartenenza politica, distribuiti in tutta Italia e molto diversi per dimensione, anche se quasi tutti sotto i 10mila abitanti. E l’obbiettivo fare rete e scambiarsi buone pratiche, attivando politiche innovative in settori come la gestione sostenibile dei rifiuti, l’efficienza energetica, l’economia circolare, la co-progettazione partecipata e la formazione per i giovani amministratori.

Come arriva una under 30 a un incarico del genere?
“È stato un percorso naturale: sono entrata in amministrazione giovanissima, avevo 21 anni. Provenendo da un piccolo comune conosco bene la fatica quotidiana di chi amministra sul territorio con pochissime risorse”.

Per questo si parla di Comuni Virtuosi.
“L’associazione rappresenta una comunità di amministratori e amministratrici che, come me, non vogliono rassegnarsi al “si è sempre fatto così”. Avendo io cominciato la carriera a 21 anni al fianco di un sindaco di 35, so bene quanto sia dura farsi prendere sul serio. Per questo è un onore poterla guidare: noi cerchiamo di farci promotori del bene comune a tutto tondo”.

Quali sono le principali attività della vostra organizzazione?
“Diciamo siamo un contenitore di buone pratiche, ma anche un facilitatore di relazioni. L’obiettivo principale è proprio quello di riuscire a far collaborare i territori, non solo con noi, ma anche tra di loro. Lavoriamo per mettere in rete le esperienze locali, supportare i Comuni con strumenti tecnici, occasioni formative, bandi, studi e progetti pilota. Abbiamo partner qualificati e promuoviamo iniziative concrete”.

Per esempio?
“Recentemente ad Alfedena, in provincia dell’Aquila, una scuola è stata riqualificata con lucernari che garantiscono illuminazione naturale, grazie a un nostro progetto monitorato da università La Sapienza e Istituto Superiore di Sanità. Riguarda il benessere all'interno di una struttura pubblica e ha dato risultati importanti, tanto che siamo stati chiamati a presentare questo caso-studio in Senato”.

Come vi confrontate con la politica nazionale?
“Siamo trasversali per vocazione, e questo aiuta. I Comuni associati appartengono a orientamenti politici diversi, e questo ci ha insegnato che le buone pratiche ambientali, sociali ed economiche possono essere condivise da tutti. Negli anni siamo stati ascoltati in audizione alla Camera su diversi temi – ad esempio sulla gestione idrica nei piccoli comuni montani – e vogliamo continuare a dialogare con tutte le istituzioni. Governo compreso”.

D’altronde siete stati premiati dal Quirinale.
“E’ stato un bel riconoscimento, ringrazio ancora il Presidente Mattarella. La medaglia che ci ha assegnato è una spinta per continuare a lottare contro i tanti problemi che affrontiamo ogni giorno. E soprattutto contro la burocrazia: la nostra energia spesso si scontra con tempi lentissimi, regolamenti farraginosi, personale ridotto all’osso. E riguardo ai bandi molti comuni rinunciano a partecipare, perdendo risorse importanti”.

Un esempio?
“Recentemente abbiamo organizzato un concerto all’alba sul Po: per due ore di evento ci sono voluti cinque mesi di progettazione. Ecco: questo spiega quanto il sistema sia appesantito da ostacoli normativi che non distinguono tra un Comune di 1.000 abitanti e una metropoli come Milano. Bisognerebbe semplificare, senza perdere in legalità o trasparenza, ma adattando le regole alle realtà. Dandoci una mano con le risorse”.

In che modo?
“Aiutarci a combattere il depotenziamento dei servizi nei nostri uffici comunali, perché avere pochi dipendenti significa che ognuno si prende carico 100 cose e fa fatica a seguirle tutte”.

La vostra “rivoluzione dal basso” potrà davvero cambiare il sistema?
“Di certo non possiamo fare tutto da soli. Ma unendo le forze, se facciamo massa critica, possiamo iniziare a incidere. Stiamo lavorando molto sulla co-progettazione locale e regionale, per far emergere i fabbisogni comuni e progettare insieme soluzioni condivise. Ogni regione, idealmente, dovrebbe poter sviluppare un progetto virtuoso con il supporto della rete, e questo potrebbe facilitare anche un dialogo più forte con i livelli istituzionali superiori”.

Successi ottenuti in questi 20 anni?
“Per fortuna molti: dalla mobilità sostenibile alla rigenerazione urbana, dall’inclusione sociale alla partecipazione attiva dei cittadini. Fino ad arrivare una corretta gestione dei rifiuti. Crediamo che il concetto di sostenibilità debba essere concreto e molto più ampio rispetto a quanto di solito si pensa”.

E quali sono i progetti in cantiere?
“Ne abbiamo molti. Posso già dire che stiamo rilanciando i percorsi di formazione per amministratori locali, come la “Scuola di AltRa Amministrazione”. Inoltre, stiamo costruendo un nuovo progetto per la formazione sulla progettazione europea, un tema ancora poco affrontato dai piccoli comuni. Il traguardo è avviare una collaborazione nell’Unione con realtà simili alla nostra: vogliamo che le esperienze virtuose italiane siano condivise anche fuori dalle nostre frontiere”.

Questo, sì, sarebbe davvero rivoluzionario.


“Semplicemente vuol dire essere al servizio di un’idea di Paese diversa, dove le amministrazioni locali non sono il fanalino di coda, ma il motore del cambiamento. E vuol dire credere che anche un piccolo comune può fare cose grandi. Se ha coraggio, competenza e visione”.

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