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"L'Italia è un regime". Moni Ovadia si dimette e delira

"L'Italia è un regime, non è una democrazia neanche da lontano", attacca l'attore, che lascerà la guida del teatro Abbado di Ferrare dopo le sue critiche al governo israeliano

"L'Italia è un regime". Moni Ovadia si dimette e delira

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"L'Italia è un regime". L'ultimo delirio di Moni Ovadia

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Lascia ma controvoglia. Moni Ovadia non avrebbe voluto farlo, eppure venerdì prossimo rassegnerà le proprie dimissioni da direttore del teatro Comunale Abbado di Ferrara. La decisione dell'attore è arrivata dopo le polemiche che lo avevano travolto per alcune sue dichiarazioni anti-Israele rilasciate nei giorni scorsi. "Lascia marcire le cose, fingendo che il problema palestinese non esiste, per cancellare la stessa idea che i palestinesi esistano. La comunità internazionale è complice e questi sono i risultati", aveva detto. Si erano levate critiche inevitabili, seguite da un gesto - quello appunto delle dimissioni - che alcuni dal centrodestra locale avevano già caldeggiato.

"Tutto questo succede solo perché ho espresso un’opinione. Non ho tessere di partito o altro. Sono finito in questa persecuzione, in questa aggressione, solo per questo", ha lamentato Ovadia, commentando al Corriere la propria decisione di dimettersi. "Da quando ho l'età della ragione sono schierato con la libertà d'espressione, ma alla fine ho preferito non danneggiare i lavoratori: sono e sarò sempre dalla loro parte", ha spiegato ancora il drammaturgo di origini bulgare. E ancora: "La maggioranza del Consiglio d’ammimnistrazione e del Consiglio Comunale sono contro di me, quindi hanno tutti gli strumenti per mettermi all'angolo".

Le dimissioni dunque non avvengono in un clima sereno, come del resto si intuisce dai toni irritati che ora lo stesso attore utilizza. "Siccome sono un uomo libero, anticipo questa cosa ma constato che l'Italia è un regime, non è una democrazia neanche da lontano. Spiace, anche perché con la mia gestione il teatro aveva raggiunto risultati clamorosi, aveva aumentato le produzioni, erano cresciuti i finanziamenti". Poi Moni Ovadia ha anche lamentato di non aver ricevuto alcuna solidarietà istituzionale. "Mi aspettavo che qualcuno delle istituzioni dicesse: posso non essere d’accordo con te, ma hai il diritto di esprimere le tue opinioni. Invece registro anche che l’Italia è il paese con il più alto tasso di vigliaccheria che si possa concepire", ha criticato.

Infine, l'ulteriore precisazione sulle proprie dichiarazioni finite al centro delle polemiche. "Ho detto che la responsabilità di tutto quello che è accaduto ricade sul governo israeliano. Non ho detto 'Viva Hamas'. Ho solo aggiunto che hanno lasciato marcire la situazione. Ho scritto cose molto, molto più forti in questo senso in passato", ha aggiunto. Viene però da chiedersi come mai certi attori e attivisti abbiano sentito il dovere di stroncare il governo di Tel Aviv proprio nelle ore in cui sarebbe stato forse più opportuno e auspicabile puntare l'attenzione su quello che Israele e la sua popolazione stavano subendo.

"Fino a ieri ero intenzionato a non dimettermi ma a farmi cacciare, piuttosto. Dopodiché sarei andato in tribunale. Ma, ripeto, non voglio danneggiare il teatro. Non solo, questa situazione si sarebbe ripresentata continuamente, perché questo è il nuovo fascismo: stigmatizzare l’opinione delle persone criminalizzandole", ha aggiunto Ovadia.

Quando qualcosa non va, ecco la solita parola d'ordine: fascismo.

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