"Giorgio mi ha insegnato ad amare il mio corpo"

L’ex nuotatrice e testimonial di Armani: "Per me era un idolo, ho conosciuto un uomo di grande empatia"

"Giorgio mi ha insegnato ad amare il mio corpo"

È stata la più giovane atleta italiana a salire sul podio olimpico.
Aveva 16 anni nel 2004 quando strappò l’argento sui duecento stile libero. Quattro anni dopo è stata la prima nuotatrice italiana a vincere una medaglia d’oro all’Olimpiade di Pechino. Da quel momento centinaia di medaglie, record europei, record del mondo. Un paio di record europei ancora resistono. I giornali la chiamavano la «Divina». Lei però non si è mai fatta prendere dal narcisismo.
In questa intervista ci racconta che ha dovuto combattere per farsi piacere il suo corpo. E poi parla di Giorgio Armani e dice che era un persona unica e inarrivabile. E parla della moda, della femminilità, della maternità. Senza paura di esporsi ma senza la smania di apparire.

Federica, cosa ha rappresentato per lei Giorgio Armani?
«Armani per me era una persona irraggiungibile. Avere avuto l’onore di conoscerlo ed essere stata sua testimonial è un orgoglio difficile da descrivere».

Quando è entrato Armani nella sua vita ?
«Da bambina. Mia madre ha imparato da lui l’eleganza. E me l’ha trasmessa. Il nome Armani era presente a casa mia. Lo consideravamo un idolo, come un divo lontano».

Lei come ha vissuto la morte di Armani?
«È stata una giornata disastrosa.
Un dolore tremendo. Non me lo aspettavo, non ero pronta. Avevo chiamato poco prima Giovanni Malagò per vedere se potevamo andare insieme alla sfilata dei 50 anni della maison. Giovanni mi aveva detto che Armani non stava tanto bene. Però non avevo capito che fosse grave. Giovedì ho sentito uno squarcio nel petto quando mi hanno detto che non c’era più».

Mi racconta chi era per lei Armani?
«Una persona che quando non conosci ti sembra troppo in alto, troppo distante. Poi quando la conosci trovi un uomo con una incredibile capacità di empatia, di starti accanto. Era sempre lì quando ne avevi bisogno. Ti capiva. Per questo ti aiutava: perché aveva la capacità di capire davvero chi eri e cosa volevi».

Lui cosa amava di Federica Pellegrini? Lo stile, la classe?
«Non lo so francamente. Mi faceva sempre molti complimenti. Il nostro era un rapporto molto forte e di grande rispetto».

Lei ha sempre amato la moda?
«Io parto dall’idea che il mio corpo è fatto per il nuoto. Però credo nella femminilità, nel buongusto, nell’eleganza, nel portamento. E allora interviene la moda e ti aiuta. Ti rende compatibile con quello che vorresti essere».

Lei è stata la musa di Armani?
«Ne ha avute di migliori. Però credo di essergli piaciuta anche per i miei gusti».

Quali gusti?
«Non credo negli eccessi nel vestire. Credo in un eleganza classica, magari anche estrosa, ma classica. Non mi piace apparire a tutti i costi, spogliarsi a tutti i costi. Non mi piace provocare. Non amo l’ostentazione delle forme.
L’eleganza non detta. Era quello lo spirito di Armani».

C’è un abito di Armani a cui lei è più legata?
«Un abito verde, strutturato, con una gonna che cade molto stretta.
Lo ho indossato in una serata che abbiamo fatto all’Eur per i 30 anni della maison».

Perché Armani ha sposato il mondo dello sport?
«Mi ricordo una frase sua: “In un mondo che vive di effimero, quel che conta sono il lavoro e la cura maniacale dei minimi dettagli. Sono le cose che ci porteranno avanti”. Lo Sport è questo: lavoro duro e cura dei dettagli. Perciò gli piaceva».

Aveva mai immaginato che lo avrebbe conosciuto?
«Mai. E quando sono stata scelta per diventare sua testimonial mi è sembrato di toccare il cielo».

Quando è diventata sua testimonial?
«In un momento difficile della mia vita. Ero in piena crisi adolescenziale. Io ancora non avevo fatto pace col mio corpo. Non ci stavo a mio agio. Non mi riconoscevo. Non è stato facile posare per un marchio così importante. Armani mi ha aiutato molto a gestire questo mio momento. Ad accettarmi».
In quegli anni non c’era ancora il legame fra sport e moda..
«Già. In quegli anni la moda e lo sport erano dimensioni diverse e lontane. Anche dal punto di vista estetico. Io mi sentivo una sportiva, una nuotatrice, non mi sentivo una modella».

Quanti anni aveva?
«Era il 2007 quando mi chiamò Armani. Avevo 19 anni. Anni tormentati e segnati da crisi alimentare. Sapevo di non avere un corpo da modella».
Però...
«Il modo col quale Armani mi faceva posare non mi ha fatto mai sentire in imbarazzo. Lui non voleva la modella, voleva la sportiva.
Lui mi ha fatto accettare il mio corpo».

Cosa non accettava del suo corpo?
«Una donna si vuole piacere. Io non mi piacevo. Poi riguardavo le foto dopo aver posato per Armani e mi dicevo: “Cavolo, sono molto meglio di quel che credevo”».

Lei ha sempre avuto un contrasto col suo corpo statuario?
«Fino a 22, 23 anni. In televisione cercavo sempre di vestirmi in modo da coprire la mia struttura fisica, i miei difetti».

Dove sono questi difetti?
«Sono nella mia testa forse. Non mi piacevano le mie spalle larghe.
Poi un giorno mi son detta: “Ehi, queste sono le spalle che ti hanno fatto vincere le gare”».

Non le piaceva la struttura forte dell’atleta?
«Per me è sempre esistito prima il femminile dell’atleta. Il primo regalo che ho chiesto a 16 anni è stato un paio di scarpe di Ferré col tacco alto. Mi piaceva uscire dalla vasca ed essere completamente diversa dalla ragazza a piedi nudi ai bordi della vasca».

Essere atleta è un modo di essere?
«Sì, lo è sempre. In tutte le sfide.
Anche nell’essere mamma».

Come è essere mamma?
«Mia figlia adesso ha 20 mesi. I primi mesi sono stati tosti. Un po’ ti perdi come donna. Mi ricordo questo scambio di battute che ho fatto col mio stilista. Mia figlia aveva otto mesi. Dovevo partecipare a Ballando con le stelle.
Lui mi mette questi tacchi ai piedi, mi guarda e mi dice: “Fede mi sei mancata”. Gli ho risposto: “anch’io mi sono mancata”».

La maternità è stata dura?
«La maternità è un’esperienza bellissima. Però per un atleta che ha impostato fino a quel momento la sua vita sul rapporto col corpo, la reazione del corpo ti destabilizza. Non tanto la pancia che cresce ma il seno che aumenta. Per me che non ho mai fatto del mio seno un punto di forza è stato un trauma. Non ti riconosci più. Io sono una che veste molto androgino. Non ho mai esposto il seno. Nei costumi era contenuto, nascosto».

Lei ha allattato?
«Sì. Ma finito di allattare, vedere il mio seno tornare alla normalità è stata una liberazione».

Si possono dire queste cose?
«Purtroppo no. Se lo dici ci sono tutte le mamme fragoline che se la prendono con te, ti dicono che esageri, ti fanno notare che non sei la prima donna che fa un figlio».

E lei come risponde?
«Che non capisco perché non dovremmo avere la libertà di raccontare cosa succede quando cambia il tuo corpo. E dovremmo mantenere il segreto sui dolori della maternità. Fare bimbi è una cosa bellissima, però...».

Ha avuto anche problemi psicologici?
«Parto molto difficile, baby-blue, ma non è mai sfociato in depressione».

Che vuol dire baby-blue?
«Pianti a dirotto senza motivo.
Ero a cena e all’improvviso piangevo».

Come ne è uscita?
«Mi ha aiutato una psicologa.


Non ho mai avuto un rifiuto della bambina. Dopo tre mesi è passata».

Se avesse avuto la possibilità di salutare Armani cosa gli avrebbe detto?
«Sarei rimasta in silenzio e l’avrei abbracciato».

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica