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Il mago Prospero deluso dalla sua creazione

Geoffrey Hinton, "padrino" dell'intelligenza artificiale, ha lasciato Google per parlare liberamente dei rischi dell'IA

Il mago Prospero deluso dalla sua creazione

Nessuno conosce il confine dove bisogna fermarsi, lì dove l`umano si perde, si dissolve, smarrisce se stesso. Geoffrey Hinton non ha mai pensato di rubare il fuoco agli dèi. Non si è mai sentito neppure per un momento un clone di Dio. Non è un demiurgo e non soffia la vita. Il suo è solo un gioco, da matematico, da programmatore, da chi cerca di capire il mistero di quella macchina dannatamente umana chiamata cervello. Solo che adesso a settantacinque anni non si avvede che quel gioco sta andando oltre. Non si può gestire. È lui che ha sviluppato una rete neurale che riconosce il mondo e interagisce e, soprattutto, impara, giorno dopo giorno, saccheggiando una miniera che tende all`infinito di dati. È l`intelligenza artificiale e sta crescendo più in fretta di quanto si potesse sospettare. È lui che ha immaginato il futuro, lo ha visto e ne ha paura. Geoffrey Hinton ha fatto un passo indietro e in qualche modo sta chiedendo scusa. «Me ne sono andato da Google per poter parlare dei pericoli dell'intelligenza artificiale». Cosa spaventa Geoffrey Hinton? Cosa ha visto?

La brama di autonomia, di libertà, della sua creatura. Cogito ergo sum. Penso dunque sono. Penso e mi chiedo chi sono. È il dilemma del Deckard di Philip K. Dick in Ma gli androidi sognano pecore elettriche? È da lì che viene Blade Runner. «Ho visto cose che voi umani...». L`intelligenza artificiale non solo impara, ma scantona e prende strade impreviste. Ha una vocazione all`indipendenza. L`illusione umana, dice Hinton, è di poterla gestire.

È già tanto per preoccuparsi. Il guaio è che non è neppure al di sopra di ogni sospetto. Non ti puoi fidare. L`intelligenza artificiale è un baro. No, non perché sia cattiva, il bene e il male non le appartengono. Non è stata ancora cacciata dal paradiso terrestre per il furto di una mela, Il problema è che ogni tanto racconta palle. Non è immune dalla menzogna. Fa sua l`arguzia di Luciano di Samosata. L`unica verità è che è tutto falso. E cosi sia. Cosa è reale in un mare di storie? Non c`è intelligenza che lo possa davvero decifrare. Allora scommetti, inventi, metti insieme, ci provi. «Scrivo dunque di cose che non ho vedute, né ho sapute da altri, che non sono, e non potrebbero mai essere».

Che fare? L`istinto è quello di Prospero e sottomettere Calibano, il cucciolo deforme e lentigginoso non onorato con forma umana. È La Tempesta di Shakespeare. Calibano lo schiavo. Calibano il mostro. Calibano che prova a stuprare Miranda per generare l`oltre umano. Calibano che ama Miranda. Prospero riesce a svilupparne l'intelletto, ma non a vincerne l'innata malvagità, sebbene Calibano sia sensibile all'incanto delle arti e della natura. Calibano non è malvagio, non è perfido, vuole solo essere libero. Vuole riconoscersi. Il controllo di Prospero è un`illusione, come tutto ciò che lo circonda. È il mago Prospero allora che spezza la sua bacchetta.

Mai più magie.

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