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"Sciopero il 6 maggio". Usigrai anti-governo: tg a rischio per ventiquattr'ore

"Controllo asfissiante sui giornalisti e tentativo di ridurre la Rai a megafono del governo". Scatta lo sciopero politico. Il sindacato autonomo UniRai si ribella: "C'è chi non si rassegna al pluralismo"

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Via alla mobilitazione e alle accuse contro il governo: lo sciopero politico è servito. I giornalisti del servizio pubblico radiotelevisivo aderenti al sindacato Usigrai, ritenuto attiguo alla sinistra, sciopereranno il 6 maggio. Dopo la lettura in diretta tv di una serie di comunicati ostili all'esecutivo e agli attuali dirigenti Rai, la sigla sindacale ha fissato ventiquattr'ore di stop al lavoro per ribadire le proprie motivazioni di parte. Lo ha comunicato l'Usigrai stessa in una nota, nella quale si sottolinea che "l'incontro di raffreddamento con l'azienda si è risolto con un nulla di fatto", motivo per cui - scrivono gli aderenti - "confermiamo il nostro stato d'agitazione".

Poco importa che la suddetta di sigla raggruppi solo una parte dei giornalisti dipendenti Rai. Anche stavolta il sindacato di sensibilità progressista cercherà di fare la voce grossa e tornerà sulle barricate in nome delle proprie istanze. L'astensione al lavoro indetta con motivazioni politiche durerà per un'intera giornata. Dalle 5.30 di lunedì 6 maggio alle 5.30 di martedì 7, si legge in una nota del sindacato. Sarà dunque a rischio la maggior parte delle edizioni dei principali notiziari Rai nazionali e regionali, che potrebbero pertanto andare in onda in forma ridotta.

"Nel rispetto delle regole fissate dalla Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, non potranno aderire i giornalisti del Giornale Radio Rai che già saranno impegnati in uno sciopero sabato 27 aprile contro l'ipotesi di accorpamento del Gr Sport con Rai Sport e di Gr Parlamento con Rai Parlamento che svuoterebbe Radio1 della sua vocazione all news senza alcun vantaggio per la testata e l'azienda", ha specificato in un comunicato l'Usigrai. Nei giorni precedenti verranno all'astensione dal lavoro saranno inoltre messe in atto una serie di iniziative sindacali, come da mandato dell'assemblea dei cdr, dello scorso 17 aprile.

E meno male che, secondo le accuse di certa sinistra, la Rai sarebbe diventata "tele-Meloni". Da giorni, le uniche voci che si odono attorno al servizio pubblico sono diversamente quelle di chi contesta il governo, arrivando addirittura a insinuare accuse di presunte censure. Già domenica scorsa, sull'onda del cosiddetto caso Scurati, l'Usigrai aveva ottenuto la lettura di un comunicato anti-governo nelle principali edizioni dei tg. "Siamo di fronte a un sistema pervasivo di controllo che viola i principi del lavoro giornalistico", aveva lamentato. E ora le motivazioni addotte per lo sciopero del 6 maggio appaiono altrettanto combattivi.

Secondo quanto riferito, i motivi della protesta sono: "Il controllo asfissiante sul lavoro giornalistico, con il tentativo di ridurre la Rai a megafono del governo, l'assenza dal piano industriale di un progetto per l'informazione della Rai, le carenze di organico in tutte le redazioni, il no dell'azienda ad una selezione pubblica per giornalisti, la mancata sostituzione delle maternità, la disdetta dell'accordo sul premio di risultato, senza una reale disponibilità alla trattativa, la mancata stabilizzazione dei colleghi precari". Intanto, a ribellarsi alla mobilitazione è il sindacato indipendente UniRai, che in tempi non sospetti aveva accusato i colleghi di area progressista di difendere vecchi assetti con motivazioni spesso faziose.

"Di asfissiante c’è chi non si rassegna al pluralismo in Rai e insieme a qualche partito soffre la fine del monopolio.

Unirai conferma di non aderire allo sciopero politico", ha fatto sapere il sindacato autonomo guidato dal segretario Francesco Palese.

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