La Scuola Holden e i 20.000 euro di cartapesta

Tra incenso sintetico e pergamene griffate, il tempio radical chic della scrittura mostra il suo vero volto: un club per ricchi annoiati travestito da scuola d’arte

La Scuola Holden e i 20.000 euro di cartapesta

C’è un luogo, nel cuore elegante di Torino, dove da trent’anni si vende un sogno. Il sogno di diventare scrittori di successo. È la Scuola Holden. Fondata da Alessandro Baricco, il Gran Sacerdote del packaging culturale, vive avvolta da quell’estetica “giusta” che piace ai progressisti col portafoglio. Gorgheggia tutti gli slogan giusti, li confeziona in carte con i colori delle emozioni e soprattutto svela di sé un segreto, senza dirlo: non è una scuola, è una boutique.

Cosa ci sia veramente dietro la cartapesta lo ha raccontato una ex studentessa, con un candore che fa tremare i poster di Che Guevara delle stanze editoriali che contano. La sua newsletter e il suo post – diventato virale come una verità troppo a lungo taciuta – ha svelato il prezzo del biglietto per entrare in questo club: 20.000 euro. Sì, ventimila. E cosa ottiene uno studente pagando 20.000 euro?

Una pergamena firmata da Baricco.

La ragazza non grida, non insulta. Ma racconta. Racconta di una scuola che ha l’ardire di insegnare come raccontare, ma che non sa raccontare ciò che realmente conta. Un’istituzione che predica uguaglianza e accessibilità, ma pratica selezione per censo. Che fa della diversità un brand, purché non troppo fuori target. Dove, a quanto pare, non è richiesto talento, ma ISEE compatibile con un attico in centro.

Dopo questo j’accuse la Scuola ha pubblicato un video – hanno avuto il coraggio di dire non fosse una risposta – che era talmente classista da suscitare una infinità di commenti negativi. Risultato: l’hanno rimosso. Sono così democratici da potersi permettere di non essere democratici.

La cultura dei migliori amici

Chi sono i personaggi legati alla Holden? I soliti nomi intoccabili della sinistra culturale italiana. Quelli che si scambiano premi letterari e inviti a rassegne come figurine tra amici al bar: Alessandro Baricco, certo, ma anche Roberto Saviano, Chiara Valerio, Sandro Veronesi, Paolo Giordano, Carlo Lucarelli. Sono loro i custodi della verità narrativa, i sacerdoti dell’empatia da copertina, i dispensatori di senso per chi può permettersi la retta. O, come scrive Mascheroni, quelli dell'amichettismo intelligente.

Dicono di voler coltivare “nuovi talenti”, ma di fatto gestiscono un club esclusivo, un club per soli ricchi. Dove l’arte si fa metodo, e il metodo si paga a rate. Dove l’anima si affitta e si restituisce con lode, purché sia debitamente educata al linguaggio dell’élite.

Esiste da trent’anni. Centinaia, forse migliaia di studenti l'hanno frequentata. Quanti di questi aspiranti narratori sono stati accolti nel cerchio magico? Abbastanza pochi da poter essere contati sulle dita di una mano. Di una mano che comunque si fa serva del sinistro trend da raccontare con il loro “storytelling”.

Il racconto-denuncia dell’ex studentessa mostra un frammento illuminante, fatto di studenti che capiscono quanto sia fondamentale “fare networking”. Altro che costruire mondi, imparare la disciplina, il dolore, la verità della scrittura. No. Qui si fa rete. Qui si impara a entrare nel sistema. Un sistema che sa perfettamente come autocelebrarsi e rigenerarsi, di premio in premio, di recensione in recensione.

Insomma, una scuola in cui dovrebbero esserci i corsi di "amichettismo 1" e "amichettismo comparato".

Una sinistra devota al portafoglio

Questa storia, se avesse un titolo onesto, sarebbe: “Alla sinistra culturale le parole si bloccano al rolex”. Perché alla fine tutto torna, dietro gli slogan sull’uguaglianza, dietro gli applausi ai migranti e i post sui poveri bambini palestinesi c’è sempre una carta di credito platino. Loro gridano contro i privilegi, ma non rinuncerebbero mai al proprio. Soprattutto se li rende immuni da qualsiasi critica.

La Holden è l’esempio perfetto dell’incarnazione del sistema radical chic. Vende sogni, ma solo a chi può pagarli. E così svuota la parola “scrittura” del suo significato più sacro, fatto di esperienza, fallimento, resistenza, sangue. Si può davvero insegnare a scrivere senza conoscere la fame? Senza attraversare il silenzio, il rifiuto, l’umiliazione del foglio bianco?

La scrittura, quella vera, non si insegna nei loft ma nei margini. Nelle vite di chi non ha tempo per le rassegne, perché deve impegnarsi a sopravvivere. Di chi non può permettersi i 20.000 euro, ma ogni notte scrive lo stesso, perché non sa farne a meno.

L’arte senza carne

Perché questa è la grande colpa della Holden. Non l’esclusività – che pure è così antipatica –, non il prezzo eccessivo, ma il cinismo travestito da ideale. L’aver spacciato per “accesso alla narrazione” ciò che è solo selezione sociale. L’aver tolto alla scrittura il sudore, la carne, l’anima. Averla fatta diventare una disciplina per bene, da certificare, da vendere in pacchetti da dieci lezioni.

La vera colpa della Scuola Holden è di vendere la cartapesta che copre il vuoto, in un’operazione cosmetica senza radici nell’estetica.

Baricco e soci si atteggiano a sacerdoti della parola. Ma vendono incenso sintetico. Non costruiscono scrittori, ma impiegati del sistema. Eppure continuano a essere riveriti come maestri. Perché hanno vinto, hanno monopolizzato la cultura. L’hanno trasformata in un affare. E adesso che qualcuno – come questa studentessa – ha osato dire ad alta voce che il re è nudo, tutti fingono sorpresa.

La scuola Holden non è uno scandalo. È semplicemente la normalità del sistema culturale in Italia. Una cultura che non ama l’arte, ma l’apparenza. Che non cerca verità, ma appartenenza. Che non costruisce ponti verso il mistero, ma salotti in cui parlare per slogan.

L’unica vera rivoluzione sarebbe tornare a credere che scrivere non è una carriera. Ma una necessità. Che non servono 20.

000 euro, ma una voce e il coraggio di usarla. E che forse, per insegnare davvero a scrivere, servirebbe prima imparare a leggere la vita. Anche quella di chi non può permettersi una scuola con l’aria condizionata e il giardino zen.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica