Roma Erano gli anni della solidarietà nazionale e di una crisi economica senza precedenti nella storia repubblicana. L’Italia vantava il primato del Paese con più festività al mondo dopo il Messico. Una legge - la 54 del 1977 - sanò l’anomalia e, con un tratto di penna, ridusse all’osso la stratificazione di ricorrenze religiose e appuntamenti con la storia patria che era diventa insopportabile per il sistema produttivo italiano alle prese con i costi dell’energia e del lavoro che salivano senza tregua.
Con il consenso di tutti, compreso il Partito comunista italiano e i sindacati, cessarono di essere considerati festivi, l’Epifania, San Giuseppe; l’Ascensione, il Corpus Domini, i santi Apostoli Pietro e Paolo. La festa della Repubblica e quella dell’Unità furono fissate rispettivamente nella prima domenica di giugno e nella prima domenica di novembre.
Ieri il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha proposto una seconda offensiva. «Accorpare sulla domenica le festività, ferme quelle religiose che sono oggetto di trattato, può essere un modo tipicamente europeo per aumentare la produttività», ha spiegato nel corso dell’audizione Parlamentare. In altre parole, fabbriche e uffici aperti per le festività civili ancora in vigore, che possono agevolmente essere celebrate la domenica più vicina.
L’obiettivo è quello di fare aumentare il Pil. Non di molto, ma qualche decimale in più nel denominatore del rapporto deficit-Pil può essere d’aiuto per centrare gli obiettivi europei.
L’esclusione delle ricorrenze religiose riduce di fatto a sole tre le festività da abolire. Il 25 aprile, festa della liberazione dal nazifascismo, il primo maggio, festa del lavoro. C’è anche il 2 giugno, che era stato abolito dalla legge del 1977, ma che poi è stato reintrodotto nel 2000 su impulso dell’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (anche l’Epifania è tornata, per volontà di Giulio Andreotti).
Per fare un esempio, la liberazione si dovrebbe festeggiare il 23, il primo maggio verrebbe anticipato al 29 aprile e la festa della Repubblica posticipata al 3 giugno.
Il fatto è che sono tre feste che hanno un notevole peso politico e simbolico, difficili da toccare, tanto che la proposta di Tremonti fa storcere la bocca persino a Confindustria, che rappresenta i principali beneficiari. Fonti di viale dell’Astronomia riconoscono il valore dell’idea, si riconoscono nella volontà di fare crescere la produttività. Ma non credono che sindacati accetteranno di rinunciare al primo maggio. Meglio, questa l’idea degli industriali, lasciare la regolamentazione di questa materia agli accordi tra le parti.
Scettico anche Giuliano
Cazzola, senatore del Pdl, esporto di previdenza e lavoro. «Sono d’accordo in linea di principio, ma le festività civili sono poche, meglio abolire le feste del santo patrono. Ogni città ha la sua e fanno solo confusione».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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