È un anniversario seducente quello dell'unità d'Italia che ricorre oggi. Un compleanno nazionale che per qualcuno di noi significa qualcosina in più. Perché i 150 anni dello Stato italiano sono anche i 150 anni di un'azienda, italiana ieri e italiana ancora oggi, tra le più conosciute nello Stivale e nel mondo intero. Aurora, fabbrica torinese di penne stilografiche che hanno accompagnato la carriera studentesca di più d'uno fra noi, oltre che importanti anniversari e cerimonie, nasceva proprio in quel lontano 1861 nella mente di Cesare Verona, al quale si doveva per la prima volta proprio in quegli anni la commercializzazione e l'introduzione delle prime macchine da scrivere nel nostro Paese. Nel tempo tuttavia, l'attività imprenditoriale si sarebbe spostata su un altro versante, quello da tutti noi oggi ben noto e conosciuto: le penne stilografiche. L'«Auretta», per esempio, un pezzo di non ingente e impossibile costo che ha fatto parte degli astucci di milioni di ragazzi di ogni ordine e grado di studio. O la mitica «Ottantotto» che rappresenta uno dei pezzi più apprezzati e pregiati delle elegantissime linee Aurora.
In realtà Aurora, come detto, non nasce nel 1861, ma molti anni dopo; da allora però prende corpo la volontà imprenditoriale che porterà alla creazione di uno dei più importanti marchi del made in Italy. Perché Aurora passa di padre in figlio, di generazione in generazione, e l'attuale presidente e amministratore delegato porta lo stesso nome di quel Cesare Verona che 150 anni fa si lasciò sedurre della macchine da scrivere, prima di passare ad un altro versante della scrittura. Aurora vanterà infatti una sede centrale a Torino, in via della Basilica 9, che avrà però un destino crudele, quello di finire bersaglio delle bombe alleate nel '43. Un evento catastrofico che distrusse tutto e si portò via anche la memoria storica di un'azienda che non meritava sorte tanto infame. Aurora rinacque a pochi chilometri da Torino, ad Abbadia di Stura, dove ancora oggi si trova. Allora era aperta campagna, oggi è la periferia della metropoli piemontese.
E da Abbadia di Stura continuò a diffondere nel mondo le sue entusiasmanti penne stilografiche. Perché il core business di Aurora erano e sono ancora oggi, dopo oltre un secolo, proprio le stilo. Oggetti di pregio che 130 dipendenti forgiano, lucidano, costruiscono, assemblano e confezionano in proprio in ogni sua parte. Dal corpo delle penne ai pennini, dalle linee alla loro commercializzazione. In mani italiane e prevalentemente femminili. Un'ottantina, tra tutto il personale, sono le donne. E l'italianità è l'aspetto che maggiormente colpisce e fa di Aurora un orgoglio nazionale, perché nemmeno durante gli anni in cui fu più concreto e palpabile il fascino esterofilo di compartecipazioni commerciali di partner esteri, ebbene nemmeno allora, Aurora ha ceduto parte della sua proprietà. Cesare Verona l'ha difesa da tutto. Con l'orgoglio di un gioiello di famiglia che gli ha permesso di essere apprezzato nel mondo della moda e dello stile italiano e internazionale. Italiani da sempre. Italiani per sempre. E quel gusto ha conquistato ogni latitudine.
Se i meno giovani ricorderanno i cartelli pubblicitari all'esterno delle cartolerie di una volta, in cui giganteschi quadri verticali raffiguravano una stilografica con la scritta «Penne Aurora», tutti ormai possono trovarne esemplari in ogni parte del mondo. Aurora ha infatti confezionato modelli speciali per il Papa, per il presidente della Repubblica, per eventi unici come le Olimpiadi, per il premier Silvio Berlusconi, per numerosi esponenti politici di ogni partito e perfino per Bill Gates, mancino, che ne ha richiesto uno particolare, proprio per quella sua caratteristica particolarmente scomoda, per chi ama le stilografiche.
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