Australia, le donne si arruolano solo per rifarsi il seno

Per i militari le operazioni di chirurgia estetica sono totalmente a carico dei contribuenti. E scoppia il caso politico

da Londra

Coraggiose e seducenti, sono le soldatesse australiane che per migliorare la propria avvenenza fisica possono ricorrere - completamente gratis - a interventi di chirurgia estetica. Sono le ragazze cresciute guardando «Soldato Jane» con Demi Moore e giocato con i videogame dove una Angelina Jolie tutta curve, combatteva e vinceva i nemici sfoggiando un fisico da urlo. Senza preoccuparsi dei costi, perché a saldarli (fino a cinquemila euro per un intervento di mastoplastica additiva) ci pensa l’esercito tramite i soldi dei contribuenti. La denuncia, presentata dall’opposizione laburista, ha suscitato immediate polemiche nel Paese tali da costringere il ministero della Difesa ad avviare un’inchiesta interna.
Necessaria non solo per placare l’indignazione per lo spreco di denaro pubblico, ma anche per fugare il sospetto che l’aumento (per la verità modesto) di donne nell’esercito derivi proprio da questo assurdo privilegio. «Le operazioni per ingrandire il seno in ambito militare, totalmente a carico dell’erario pubblico, costituiscono una pratica a dir poco discutibile», ha denunciato Joel Fitzgibbon, responsabile della Difesa del Labor Party. Poco convincenti finora le giustificazioni fornite dalle forze militari, che giustificano i «rari interventi autorizzati» con «questioni di natura psicologica». «Coloro che affermano che con le tasse dei cittadini vengono finanziate le operazioni del nostro personale allo scopo di apparire più sexy non soltanto si sbagliano, ma offendono la dignità di persone che dedicano la loro vita alla difesa del Paese. Sosteniamo i costi solo per chi soffre di problemi di natura fisica o psicologica», ha replicato Andrew Nikolic, portavoce della Royal Australian Navy.
Una versione solo in parte confermata da Kourosh Tavakoli, chirurgo plastico di Sydney che ha rivelato al Sunday Telegraph di aver avuto in cura recentemente due cadette, di 25 e 32 anni, che si sono sottoposte a un intervento per l’aumento del seno. «Non c’era alcuna giustificazione medica per quel tipo di operazione e francamente non so perché la marina abbia pagato - ha ricordato Tavakoli -. Le due donne mi hanno detto che volevano un seno più grande e che sarebbe stato l’esercito a saldare i conti. Io mi sono limitato a fare il mio lavoro». Secondo Tavakoli, comunque, non sarebbe raro avere come pazienti donne militari (all’incirca il 13,5% del totale degli arruolati), nonostante l’esercito disponga di propri chirurghi plastici. La denuncia dei laburisti è giunta qualche mese dopo che la dottoressa Pamela Noon, uno dei maggiori esperti di chirurgia estetica, aveva raccontato alla stampa di operare in media «una soldatessa al mese». «Ma non solo per interventi al seno, molte donne militari sono venute a farsi ritoccare naso e viso, sempre a spese del contribuente», ha commentato la dottoressa Noon, particolarmente critica con le forze militari.

«Certamente la chirurgia esterica aiuta a far sentire meglio le persone, ed è nostro compito lavorare con questo preciso obiettivo - ha spiegato il medico - ma, francamente, non ne vedo l’utilità in ambito militare. Mi domando come possa aiutare a difendere meglio il nostro Paese». Dove non arriva il fascino della divisa - potrebbe rispondere qualcuno - ci pensa il bisturi.

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