Economia

Dopo le auto, anche le calze vanno in Serbia

Il gruppo Golden Lady chiude lo stabilimento Omsa di Faenza e ne apre un altro nella ex Jugoslavia. È in buona compagnia: ci sono già 200 aziende italiane, soprattutto di maglieria e intimo. E perfino Benetton adesso sta pensando di trasferire la produzione

Dopo le automobili della Fiat, tocca alle calze trasferirsi in Serbia. Golden Lady Com­pany ha chiuso lo stabilimento Omsa di Faenza, per aprirne un altro, appunto, in Serbia. Sa­rebbe il terzo del gruppo, che fa capo all’industriale manto­vano Nerino Grassi e detiene marchi prestigiosi come Om­sa, Golden Lady, Sisi e Philipe Martignon, Filodoro: tra i lea­der mondiali del settore conta 7mila dipendenti e, al momen­to, 15 stabilimenti, 9 in Italia ­tra cui quello faentino con 350 dipendenti, per lo più donne, attualmente in cassa integra­zione - 4 negli Stati Uniti e 2 in Serbia, che presto diventeran­no tre. L’accordo con il mini­stro dell’Economia serbo è già stato siglato, ha detto il sinda­cato di settore, la Filctem-Cgil di Faenza. Il gruppo tessile mantovano ha sinora investito 100 milioni di euro nello stato ex jugosla­vo, realizzando i due stabili­menti, a Popucke e nella vicina Belosevac, dove sono occupati in totale circa duemila dipen­denti. Ed è in buona compa­gnia, dal momento che in Ser­bia ci sono circa 200 aziende italiane, con un giro d’affari di circa 2 miliardi di euro e 18mi­la addetti, e il settore più rap­presentato è proprio quello della maglieria e intimo: oltre a Golden Lady, ci sono le «rivali» Pompea e Calzedonia. Ma presto potrebbe sbarca­re anche il colosso Benetton, al­meno stando alle indiscrezio­ni­pubblicate dal quotidiano lo­cale Blic , secondo cui «di recen­te una delegazione dell’azien­d­a italiana ha visitato gli stabili­menti dell’azienda tessile Ni­teks, a Nis, nel Sud del Paese, per constatare dal vivo lo stato della fabbrica e il suo potenzia­le. Ma non è ancora chiaro se sia in cerca di una forma di coo­p­erazione o punti alla proprie­tà degli stabilimenti». Interpellato,il ministero del­l’Economia serbo ha confer­mato la visita della delegazio­ne Benetton, rifiutando però di fornire pubblicamente ulte­riori dettagli perché «queste grandi aziende non vogliono pubblicità fino alla fine dei col­loqui ». Ma fonti delle autorità municipali di Nis hanno indi­cato nella metà di agosto la da­ta per una decisione di Benet­ton circa l’azienda tessile ser­ba Niteks, che è reduce da un’esperienza fallimentare di privatizzazione recentemente annullata dalle autorità di Bel­grado: i 660 addetti sono in fe­rie forzate ed hanno appena ri­cevuto parte del loro stipendio di marzo, 8mila dinari mensili, circa 80 euro. Il processo di privatizzazio­ne avviato dal governo di Bel­grado ha dato una spinta signi­ficativa agli investimenti stra­nieri: e i gruppi italiani figura­no al secondo posto per nume­ro di aziende serbe acquisite, facendo del nostro Paese uno tra i primi cinque investitori nello Stato ex jugoslavo. E sempre a Nis ha intenzio­ne di aprire uno stabilimento la piemontese Daytech di Chi­vasso, azienda che lavora nella componentistica dell’automo­tive e occupa oltre 450 dipen­denti.

Oggi i lavoratori sciope­reranno per un’ora contro que­sta decisione, proprio mentre in Regione si discuterà del futu­ro di Mirafiori con governo e Fiat, azienda con cui la Dayte­ch lavora.

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