Auto, la sfida «verde» penalizza i tedeschi

Intanto, per «Der Spiegel», la Bmw si preparerebbe a ricevere dal gruppo Psa i motori per la Serie 1 La situazione negli Stati Uniti

da Milano

I gas di scarico derivanti dalle auto stanno assumendo ben altro peso nel futuro dell’industria del settore, prima tra tutte quella europea, e in cima a tutte quella tedesca, la più potente e la più produttiva. A fare i conti con il nuovo scenario che si sta delineando per il 2012 (quando si comincerà a parlare di Euro 6) si ritrova proprio il cancelliere Angela Merkel, presidente di turno dell’Ue, durante il quale dovrà essere approvata la futura normativa sulle emissioni che fissa il tetto dell’anidride carbonica in 130 grammi ogni chilometro. Un limite difficile da digerire per i colossi teutonici, leader indiscussi e incontrastati nella costruzione di auto «premium» (alto di gamma) che nella maggior parte dei casi arrivano a superare i 200 grammi. Stiamo del resto parlando di un Paese dove un operaio su sette è impiegato nel comparto automobilistico, il 30% delle immatricolazioni è realizzato nel settore «premium», dove non esistono limiti di velocità su gran parte delle autostrade e gli investimenti delle case costruttrici per lo sviluppo di nuove tecnologie e nuovi modelli sfiora i 16 miliardi di euro l’anno. Questi dati, messi in risalto in un servizio dell’Economist, sommati a bilanci 2006 sostanzialmente positivi, dovrebbero lasciare tranquilli i grandi capi di Volkswagen-Audi, Porsche, DaimlerChrysler e Bmw.
Potrebbe infatti bastare in futuro pagare qualche multa per aver sforato i limiti, qualcosa di simile a ciò che accade in America, dopo l’introduzione della normativa Cafe (Corporate average fuel economy), che impone pesanti sanzioni a quei marchi la cui gamma supera i parametri periodicamente rivisti verso il basso, sanzioni che case come Bmw e Porsche hanno sempre pagato ben volentieri a fronte di vendite altamente redditizie, con la quota della multa già inclusa nel prezzo dell’auto. Ma c’è un elemento nuovo con cui dovranno confrontarsi: la crescente sensibilità verso il problema ambientale, inizialmente legato alla mobilità e ora più radicato nelle coscienze, dove i costruttori generalisti come Fiat (attualmente è la più virtuosa, con una gamma che registra una media di 139 grammi di CO2 a chilometro), Renault o Psa Peugeot Citroën sono da tempo impegnati, senza dimenticare la sempre più incombente Toyota che dell’alimentazione ibrida (benzina-elettrica) ha fatto una bandiera, con Prius e le Lexus H che in Usa, nonostante i prezzi, sono già un cult. Il problema, per i tedeschi, non è legato ai tempi di trasformazione delle gamme (creare vetture ibride non è per loro tecnicamente complesso), ma risiede nel loro costume, che ha portato tutti a creare veicoli sempre più complicati e ricchi di costosa elettronica che hanno assorbito quasi completamente gli oltre 30mila miliardi delle vecchie lire investiti annualmente in ricerca e sviluppo. Sarà difficile diversificare in funzione «low cost».

L’unica alternativa per i blasonati teutonici sembra quindi quella di guardare obbligatoriamente all’Est dove, però, Fiat (Polonia, Ungheria, Turchia), Psa da sola (Repubblica Ceca) e con Toyota (Slovacchia) nonché Renault, con Dacia, in Romania, da dove esce la Logan, senza dimenticare i coreani di Hyundai-Kia, hanno da tempo fissato solide basi.
Si tratterà di trovare nuove intese, come quella anticipata da Der Spiegel, tra Bmw e Psa per la fornitura di motori per la Serie 1. E gli «specialisti» dovranno farsi umilmente un poco più «generalisti».

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