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Matra Rancho, antesignana dei moderni crossover

La Matra Rancho può essere considerata come la mamma degli odierni crossover, un veicolo versatile e pronto ad affrontare ogni situazione

Matra Rancho, antesignana dei moderni crossover
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Se oggi restassimo fermi in autostrada o incolonnati al semaforo, guardando fuori dal finestrino, scopriremmo che intorno a noi la maggioranza delle vetture è ormai a ruote alte. SUV o crossover non fa differenza. Due categorie che hanno preso corpo all'inizio del nuovo millennio e che, a colpi di scure, hanno eroso le quote mercato di berline e station wagon. Oggi il palcoscenico automobilistico è dominato da questi veicoli, che abbinano una silhouette da fuoristrada alla versatilità di una familiare. Tuttavia, esisteva un tempo in cui la dicitura Sport Utility Vehicle non poteva essere neanche lontanamente ponderata, seppur sporadicamente si affacciassero sulle strade - in modo timido - dei fuoristrada "borghesi", meno grezzi e più raffinati. La moda fu lanciata in America dalla Jeep Wagoneer, mentre in Europa dal Range Rover, a partire dagli anni '70. Il vero boom sarebbe arrivato comunque con qualche decade di attesa. Esisteva, però, una straordinaria eccezione, un veicolo così particolare e poliedrico da essere poco capito, nondimeno possedeva tutte le doti di un odierno crossover, il suo nome era: Matra Rancho.

Il graffio di Matra

Quando si pensa a Matra bisogna andarci coi piedi di piombo. Questo marchio è legato al mondo aerospaziale, suo primo campo di militanza, poi ha lasciato il segno nelle quattro ruote con un'esperienza di lungo corso, corredata da un ricco palmarès, nelle competizioni sportive: Formula 1 e 24 Ore di Le Mans su tutte. In Matra si sono spesso distinti per dei guizzi geniali, si sono rivelati ripetutamente attenti alla sperimentazione, ricoprendo volentieri il ruolo dei precursori. Basti pensare cosa riuscirono a fare con la Murena, un'auto sportiva con tre sedute attaccate. Un'assoluta rarità. Peccato che questo brand francese abbia dovuto fare costantemente i conti con una gestione a dir poco travagliata, passando di mano in mano, con scarsi risultati. Nel 1977, però, intraprendono una via fino a quel momento inesplorata: i fuoristrada 4x4 consumano molto a causa della trazione integrale e hanno un prezzo esclusivamente per chi ha il portafogli a fisarmonica; serve un'alternativa a basso costo. Dunque, sviluppano un veicolo a ruote rialzate, molto spazioso, con varie protezioni in plastica per la scocca, così da poter affrontare le strade anche quando finisce l'asfalto. La trazione è anteriore, più rassicurante ed economica, così da permettere dei costi di progettazione meno impattanti e un valore di listino alla portata di tutti. Nasce la Matra Rancho.

Matra Rancho

Un SUV ante litteram

La Matra Rancho ha un nome in codice di "P-12". Intorno a questa sigla i progettisti pensano a un veicolo che abbini l'allure del Range Rover, veicolo tanto patinato da resort esclusivo quanto avventuroso, a quello della Citroën Mehari, la simpatica e coraggiosa "spiaggina" per antonomasia. L'idea conclusiva è quella di preparare una ricetta per tutti i palati, grazie a un veicolo giocoso e versatile oltre misura. In questa ottica si può parlare della Rancho come primo vero SUV - o crossover - ante litteram, viste le sue molteplicità d'uso. Quando viene presentata al Salone di Ginevra del 1977, il suo look è sbalorditivo: carrozzeria massiccia, ampia vetratura e portellone diviso in due parti con ribaltina inferiore. Per non parlare dell'abitacolo, dove si trova un divano posteriore abbattibile, trasformabile in letto. Un mezzo da campeggio e avventura in piena regola. L'unica pecca è il suo limite strutturale di essere tre porte, derivato dal suo pianale d'origine (quello della Simca 1100 pick-up).

Matra Rancho

Un successo insperato

L'arma su cui puntare è la sua anima da avventuriera. Il pubblico la comprende a pieno e nel 1977 arriva il boom di vendite, forse persino inattese. Anche gli addetti ai lavori la apprezzano per la sua modularità, per essere un veicolo buono per ogni stagione. Addirittura arriva a giocarsi la vittoria finale del premio Car of the Year 1978, giungendo ai piedi del podio, con un quarto posto di grande prestigio. Davanti a lei si collocano pezzi da novanta come: Ford Granada, BMW Serie 7 e Porsche 928. Al volante, poi, la Rancho sa difendersi bene grazie a quel 1.3 da 80 CV della Simca GT. Nel corso degli anni arrivano una lunga serie di allestimenti, ognuno stravagante e particolare: Grand Raid, con verricello, fari aggiuntivi e ruota di scorta sul tetto; X, più cittadino con interni in velluto, cerchi in lega e contagiri; e Brezza, con la parte posteriore in materiale plastico avvolgibile, come sulla sua ispirazione Mehari.

Matra Rancho

Da Simca a Talbot

Nel 1979 la Matra fu acquisita dal Gruppo PSA insieme a Simca, che era il suo marchio di appoggio. I vertici del sodalizio francese decisero di trasformare la Simca Matra Rancho nella Talbot Matra Ranch. Un cambio della guardia per rendere questo veicolo più internazionale. La sua produzione terminò nel 1984, totalizzando un quantitativo di 55.000 esemplari venduti. Per lo più in Francia, sua nazione d'origine. Oggi, trovarne una è una rarità, tuttavia, il suo ruolo nella storia dell'automobilismo lo possiede ancora, potendola annoverare come la mamma degli odierni crossover.

Ancora una volta quei "pazzi" della Matra hanno avuto ragione, rivelandosi dei precursori con trenta o quarant'anni di anticipo sulla moda attuale.

Matra Ranch

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