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Viaggio nella Factory 56, dove i robot sono già al servizio degli esseri umani

Nella fabbrica Mercedes di Sindelfingen, tra androidi, fantasmi e operai, dove si producono le ammiraglie più prestigiose della casa automobilistica tedesca

Viaggio nella Factory 56, dove i robot sono già al servizio degli esseri umani

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L’uomo è un animale viziato, un figlio unico di questo pianeta. L’evoluzione lo ha messo in posizione dominante rispetto alle altre specie ed è proprio per questo che quando lui stesso ha iniziato ad immaginare e a costruire i robot, parallelamente ha iniziato a temerli.

Il concetto di robot però non è affatto recente e la sua genesi è più antica: basti pensare ai golem tipici della cultura ebraica. «Qualunque tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia», scriveva Clarke, e in un mondo che non conosceva ancora la programmazione software, la coscienza di un golem era vista come qualcosa di magico.
Misticismo e fantascienza hanno creato nella collettività un timore verso i robot, ma la realtà è ben diversa. Mercedes ha aperto recentemente alla stampa la sua Factory 56, un impianto di nuova costruzione a Sindelfingen, città industriale nata nel 1915 per realizzare aerei e motori per l’aeronautica.

Factory 56 è la parte più moderna con un impianto fotovoltaico enorme che copre il 30% delle esigenze energetiche. Qui umani e robot collaborano in armonia, una simbiosi nata grazie ad un attento lavoro di progettazione che guarda anche alla qualità della vita degli operai. La linea produce le ammiraglie del marchio tedesco, modelli che devono rasentare la perfezione in tutto, ed è per questo che uomini e donne sono ancora protagonisti essenziali: gli impiegati della Factory 56 toccano l’auto come farebbe il cliente per verificare assemblaggi e materiali. Mercedes ha realizzato un impianto dove il telaio dell’auto viene servito agli operatori da robot che lo predispongono per evitare sforzi e posizioni scomode per il fisico di chi sta in fabbrica. Sembra quasi surreale se consideriamo la facilità con cui i robot ribaltano l’auto per porgere all’operatore il sottoscocca così che egli possa lavorare agevolmente e mai con le mani al di sopra della testa.

Da una parte ci sono bracci robotici su binari che trasportano l’auto mentre questa viene assemblata, dall’altra ci sono i piccoli aiutanti che viaggiano a terra: sono gli AGV, robot a guida autonoma carichi di quei pezzi che gli operai dovranno poi assemblare, un po’ come se fosse un carrello con gli ingredienti delle ricette che cambiano a seconda che il modello sia una Classe S, una Classe E, una EQS: la Factory 56 ha nella flessibilità il suo vantaggio. Sono questi i robot che ci piacciono, quelli in grado di rendere meno duro un lavoro difficile come quello dell’operaio, ma allo stesso tempo non lo rimpiazzano.

Il robot svolge le operazioni faticose, dispendiose o noiose, come tracciare tutti i pezzi montati su una determinata auto, e l’uomo controlla e finalizza quanto serve per raggiungere quella perfezione obbligatoria per un’auto con la Stella sul cofano.

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