Autostrade-Abertis: così non si rispetta la Ue

Schema28: «Le modifiche alterano i concambi, fusione a rischio »

Laura Verlicchi

da Milano

Autostrade e Abertis scendono in campo: l’intervento della Ue a favore della fusione, affermano, non basta, dal momento che si scontra con gli ostacoli posti, nonostante tutto, dal governo. A cominciare dall’emendamento al decreto fiscale, approvato ieri, che porta la firma del ministro Antonio Di Pietro e che, pur avendo eliminato il tetto al diritto di voto dei costruttori e ripristinato parzialmente il metodo del «price cap» per le tariffe, mantiene però il principio della convenzione unica destinata a sostituire gli accordi esistenti. Un provvedimento che, secondo Giuseppe Piaggio, presidente di Schema28 (azionista di maggioranza di Autostrade) «rappresenta un ulteriore ostacolo» alla fusione, «non comprensibile alla luce delle recenti decisioni assunte dalla Commissione europea» e con effetti «tali da incidere negativamente con il rapporto di concambio, stabilito nel progetto di fusione». Infatti, «modifica unilateralmente e ingiustificatamente le condizioni della concessione sulla base della quale è avvenuta la privatizzazione di Autostrade nel 1999, rendendo non più economiche le condizioni dell’importante piano di ammodernamento della rete autostradale italiana di cui Autostrade e Schema28 si sono assunti la responsabilità».
Il «semaforo verde» di Prodi è sempre più lontano, dunque: «C’è un aspetto politico, nel quale è stata data un’apertura. C’è un aspetto tecnico che traduce male, a mio modo di vedere, quell’indirizzo politico», afferma Gian Maria Gros-Pietro. Il presidente di Autostrade si augura che nel decreto «vengano modificate robustamente le parti che sono incompatibili col mercato», in particolare quella relativa alla convenzione unica, che «si va forzosamente ad applicare alle convenzioni esistenti. Questo non è accettabile da parte di nessun investitore».
Infatti, la preoccupazione di Autostrade è condivisa da Abertis: ieri entrambe le società hanno presentato un ricorso al Tar del Lazio contro il provvedimento con cui l'Anas, lo scorso agosto, ha bloccato l’operazione. La società spagnola si è anche appellata alle autorità europee: le modifiche proposte del governo italiano «non apportano alcun cambiamento significativo alla redazione iniziale del decreto», ha detto l’amministratore delegato Salvador Alemany Mas, e «contrastano le recenti decisioni comunitarie». Tuttavia, l’ad di Abertis continuare a negoziare con il governo italiano «per raggiungere un accordo sulla fusione, in linea con le risoluzioni comunitarie».
Ma, come afferma anche il vicepresidente della Commissione europea, Franco Frattini, «ritirare la concessione di fatto significa bloccare la fusione». La questione tempo, infatti, è cruciale: se dovesse essere necessario per Autostrade presentare una nuova domanda di concessione, come vuole Di Pietro, sarebbe praticamente impossibile rispettare la scadenza del 31 dicembre prevista per il completamento dell’operazione. Ma il tempo renderebbe superati anche i numeri, sulla base dei quali le assemblee delle due società, a fine giugno, hanno approvato il progetto di fusione e i relativi concambi.

A queste condizioni gli spagnoli potrebbero decidere di non volere più proseguire nel progetto. Un timore condiviso dal mercato: ieri in Borsa il titolo Autostrade, dopo la brillante performance di mercoledì, ha chiuso in calo del 3,06 per cento.

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