Per autostrade e gas è boom nonostante la crisi Consumatori: "In arrivo stangata da mille euro"

La Cgil: "Col blocco degli stipendi pubblici fino al 2013 deciso dalla manovra i lavoratori pubblici perderanno complessivamente circa 1.600 euro di potere d’acquisto". E la Cgia di Mestre: "Le tariffe pubbliche aumentano nonostante la crisi". Una stangata da oltre mille euro a famiglia

Per autostrade e gas è boom nonostante la crisi 
Consumatori: "In arrivo stangata da mille euro"

Roma - Con il blocco degli stipendi pubblici fino al 2013 deciso dalla manovra economica i lavoratori del pubblico impiego perderanno complessivamente circa 1.600 euro di potere d’acquisto. La stima arriva dalla Cgil che sottolinea come circa 1.200 euro lordi si perdano per il triennio 2010-2012 di mancato rinnovo dei contratti mentre altri 400 euro di aumenti complessivi mancheranno all’appello nel 2013 a causa del blocco ulteriore previsto dalla stessa manovra. A questo andrà ad aggiungersi, secondo uno studio della Cgia di Mestre, un boom per le tariffe pubbliche dal 2008 al novembre 2010. In vetta agli aumenti i pedaggi autostradali (+10,8%), il gas (+8,9%), i trasporti ferroviari (+8,7%) e i servizi postali (+7,3%).

L'aumento delle tariffe pubbliche Secondo la Cgia, malgrado l'inflazione, nel periodo tra il 2008 e il novembre di quest'anno, sia cresciuta solo del 2,2%. A registrare variazioni negative invece l'energia elettrica (-0,4%) e l'acqua potabile (-1,2%). Le tariffe di competenza delle Regioni e degli enti locali hanno registrato un aumento del 7,4%, mentre quelle controllate dal Governo centrale hanno segnato un +6,3%. "A dimostrazione - attacca l’associazione degli artigiani - che sia gli uni, sia gli altri, a fronte della grave situazione economica, hanno fatto cassa a spese dei cittadini e delle piccolissime imprese". Particolarmente vessate le piccole imprese poiché "i lavoratori autonomi, vale a dire gli artigiani e i piccoli commercianti" pagano le tariffe "due volte. Una come cittadini, in riferimento alle utenze relative alla propria abitazione, la seconda come gestori di piccoli negozi o botteghe artigianali".

Una stangata da mille euro Secondo i calcoli di Adusbef e Federconsumatori, tra rincari di alimentari, benzina, tariffe, assicurazioni e servizi bancari, il 2011 sarà "un anno infelice", con un impatto di 1.016 euro annui a famiglia. La voce più consistente che peserà sulle famiglie sarà quella alimentare, con aumenti annui di 267 euro, ovvero del 6%. A seguire i carburanti, per i quali, sulla scia dei previsti incrementi del petrolio (si dà ormai per scontato un rally fino a 100 dollari al barile) la spesa aumenterà di ben 131 euro l’anno. Oltre 120 euro in più saranno spesi per il trasporto ferroviario, comprese le tratte dei pendolari, mentre i prezzi dell’rc auto cresceranno, secondo Adusbef e Federconsumatori, di 105 euro (+10-12%). "Anche il 2011 - commentano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef - si prospetta un anno infelice: sia per la crisi economica, che, se non adeguatamente affrontata, non permetterà di raggiungere nemmeno l’1% di crescita del pil, sia per i rincari che contribuiranno a ridurre ulteriormente il potere di acquisto delle famiglie". Secondo le associazioni "ai soliti comportamenti speculativi in tema di prezzi e tariffe, si aggiungono infatti tensioni importanti sui costi dei prodotti energetici e delle materie prime. Tutti fattori, questi, che incideranno sulla determinazione dei prezzi sia relativamente ai beni durevoli che ai beni di largo consumo, a partire da quelli alimentari». Per questo sono «sempre più necessarie politiche economiche completamente diverse da quelle sin qui attuate, che dovrebbero puntare ad un rilancio dell’economia sia attraverso investimenti in settori innovativi, sia con processi di detassazione esclusivamente a favore delle famiglie a reddito fisso, lavoratori e pensionati. In mancanza di ciò - concludono - si consoliderà sempre di più il circolo vizioso tra contrazione dei consumi, cassa integrazione e licenziamenti, e produzione industriale, non potendo sperare nella ripresa della nostra economia solo attraverso le esportazioni".

 

Cala il potere d'acquisto Nel triennio 2010-2012 "l’incremento degli stipendi sulla base dell’indice dell’inflazione Ipca previsto dall’accordo interconfederale del 2009 (non firmato dalla Cgil) avrebbe dovuto essere complessivamente del 4,2%. Poichè ogni punto di inflazione vale circa 20 euro si tratta a regime di 90 euro lordi che mancheranno nello stipendio. Ipotizzando tre tranche annuali da trenta euro in più al mese (quindi 400 euro l’anno compresa la tredicesima) che non ci saranno, la perdita cumulata di potere d’acquisto sarà almeno di 1.200 euro lordi in media. Se ci aggiungiamo il blocco già previsto anche per il 2013 arriviamo almeno a 1.600 euro. I lavoratori pubblici torneranno a vedere aumenti in busta paga solo nel 2014".

Il blocco triennale La Cgil sottolinea che al blocco della contrattazione nazionale per il triennio (i contratti per circa tre milioni e mezzo di lavoratori sono scaduti a fine 2009) si affianca lo stop alla contrattazione integrativa e il blocco economico della carriera. In pratica nei prossimi anni si potrà fare carriera ma l’avanzamento sarà riconosciuto solo giuridicamente senza nessun miglioramento dello stipendio. Il blocco degli stipendi preoccupa anche gli altri sindacati che però sottolineano come la stretta sul lavoro pubblico sia comunque meno pesante rispetto a quanto è accaduto negli altri Paesi.

La stretta sugli statali La stretta nel pubblico impiego per i prossimi anni non si limiterà al blocco degli stipendi ma riguarderà anche il turn over. La manovra economica di questa estate prevede che fino al 2012 ci sia un limite del 20% delle entrate rispetto alle uscite. In pratica su dieci dipendenti pubblici che escono (per pensione o dimissioni) ne potranno entrare solo due (e con il limite anche del 20% massimo della spesa quindi non sarà possibile che a fronte dell’uscita di due commessi entrino due dirigenti).

Facendo un calcolo medio di uscite per l’anno di 100mila persone (circa il 3% di tre milioni e mezzo di dipendenti) significa che tra il 2010 e il 2012 a fronte di 300mila uscite sarà possibile fare solo al massimo 60mila nuove assunzioni (poichè vincoli più stringenti ci sono nei comuni, le regioni e la sanità). 

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