Chi vuol sapere dove lavorerà Marcello Lippi nei prossimi mesi deve ancora pazientare. Nemmeno dinanzi alla platea di un corso universitario per giornalismo sportivo, l'ex ct campione del mondo, si sbottona. Secondo un copione classico, invita tutti, giornalisti e futuri giornalisti, ad attendere le sue scelte. «Di sicuro non in Italia dove ho esaurito la mia carriera» la spiegazione.
Perciò il Lippi più interessante è quello capace di raccontare inediti episodi del mondiale e spiegare la tecnica sopraffina con cui si allestisce un team vincente. «Eliminando i galli nel pollaio» la definizione generica per evitare che si potessero abbinare ai galli nel pollaio i nomi più famosi e da lui respinti sulla soglia della Nazionale (Cassano e Balotelli su tutti nel mondiale 2010).
Per esempio: sulla pressioni precedenti a Germania 2006 su Cannavaro capitano. «Mi chiesero, autorevoli esponenti, di togliergli la fascia di capitano. Io dissi di no: se mi avessero obbligato avrei fatto come Capello, mi sarei dimesso».
Per esempio sostenendo che Materazzi e Gattuso, pur non essendo dotati da madre natura, nella formazione del gruppo e nei risultati ottenuti, «Si sono comportati da fuoriclasse». E via, per oltre due ore, a parlare dei suoi rapporti con Vialli, del siparietto con Taribo West («Dopo una preghiera all'ora di pranzo mi disse che Dio gli aveva detto che dovevo farlo giocare, gli risposi: a me non ha detto niente») e dei giudizi, lusinghieri su Del Piero («Mi dispiace che lasci la Juve»), sull'Inter della sua epoca («Avevo addosso troppa juventinità»), su Allegri («Mi sono rivisto in lui l'anno scorso»), su Zidane («Il più bravo di tutti tra quelli allenati da me»).
Non sono mancati i ricordi amarognoli. Per esempio in tema di doping: «Ai miei tempi veniva il massaggiatore e ti proponeva una puntura, sono vitamine diceva e noi tutti, non avendo coscienza, le facevamo. Anch'io, avendo giocato nella Pistoiese, con tanti colleghi morti, a un certo punto ho temuto per la mia vita».
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