da Milano
«Il primo commento è che il mio libro non labbiano nemmeno letto». Sembra preoccupata, lonorevole Daniela Santanchè. Non per se stessa, ma perché la radio pubblica di Teheran ha di fatto «messo allindice» - afferma la parlamentare di Alleanza nazionale - il suo volume La donna negata, da poco in libreria per i tipi delleditore Marsilio. Un saggio al quale lautrice ha dedicato un anno e mezzo di lavoro e che vuole essere un atto di denuncia della condizione di sudditanza del mondo femminile nelle società islamiche.
Lemittente iraniana, nel suo programma quotidiano in lingua italiana, lha accusata di aver «attinto a piene mani dal mare di pregiudizi sullIslam». Lei cosa risponde?
«Io rispondo dicendo che quanto ho scritto è semplicemente quello che ho raccolto in una lunga serie di interviste a donne islamiche residenti in Italia e non solo. Ho scritto come vengono trattate, picchiate e costrette nella stragrande maggioranza allumiliazione del velo».
A proposito del quale gli islamici parlano però di simbolo religioso...
«Se fosse così non ci sarebbe proprio nulla di male. La verità è che invece si tratta di un simbolo di sottomissione, come lo è stata la stella gialla che i nazisti avevano imposto agli ebrei».
La radio aggiunge che nel suo libro lei si è dimenticata dei tanti uomini e donne islamici che si stanno adoperando per migliorare la condizione femminile in quei Paesi.
«Per questo le dico che il libro non lhanno letto. Il mio referente, per favorire il processo di democratizzazione di quelle nazioni - processo che non può che passare dalla liberazione della donna - è proprio la parte moderata, che esiste, del mondo islamico. Il mio atteggiamento è infatti esattamente lopposto rispetto a quello di chi, invece, non vuole né il dialogo tra diverse società, né tantomeno che due differenti culture possano arrivare a una sintesi, che è qualcosa di più di una semplice convivenza. Lo dico convinta, perché non è possibile che nel terzo millennio si continui ancora a parlare di barriere».
Che cosa lha spinta a scrivere questo libro?
«Da un lato la condivisione del dramma collettivo delle donne islamiche, dramma che mi addolora e mi appassiona. Dallaltro lato il mio lavoro vuole essere un saggio di denuncia perché questo è il problema di questo secolo e non cè più tempo per rimandarne la soluzione».
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