
«Con Gazprom è molto difficile che si possa tornare alla situazione di prima». Claudio Descalzi non ha dubbi: anche se la guerra tra Russia e Ucraina finisse domani, il rapporto energetico con Mosca non tornerà com'era. L'amministratore delegato di Eni, ieri a margine di Gastech 2025 a Rho Fiera, ha spiegato che la crisi ha segnato uno spartiacque, costringendo le compagnie europee a cercare soluzioni di lungo periodo.
Il manager ha ricordato come il colosso russo «già da 3-4 anni si sia mosso verso est, con accordi con la Cina», spostando volumi di gas che un tempo alimentavano l'Europa. Nel frattempo Eni e gli altri operatori hanno siglato contratti con Africa, Qatar e Stati Uniti. «Diciamo che in questi quattro anni ognuno di noi ha dovuto trovare delle soluzioni e le soluzioni nel gas, nell'energia, sono quasi sempre di lungo termine, perché implicano investimenti a lungo termine», ha rimarcato. La lezione è chiara: «Non dipendere esclusivamente da un fornitore, ma diversificare».
Descalzi si è soffermato anche sul tema dei prezzi, tracciando una prospettiva di medio periodo. Oggi il gas appare «stabile», senza i picchi del passato, ma la tendenza è orientata al rialzo. «Lo vedo in crescita, un andamento contrario a quello che si diceva 4-5 anni fa quando si sosteneva che tra qualche anno il gas non ci servirà più», ha osservato. Una crescita che si lega al ruolo crescente nella produzione elettrica. «Il prezzo del gas lo vedo un po' più interessante di quello del petrolio, perché ha una sua richiesta in termini di elettricità che sta salendo», ha sottolineato. «L'elettrificazione in generale sta richiedendo maggior contributo di gas: ora siamo sui 11-12 dollari al barile che sono valori paragonabili agli asiatici che sono un pochino a premio»
Al centro della strategia del Cane a sei zampe resta comunque la diversificazione. «Siamo sulla strada della grande diversificazione, geografica e tecnologica. Non è una moda, non è una tendenza: è un modo per guadagnare anche attraverso la transizione», ha scandito Descalzi. Il percorso verso le rinnovabili non può però basarsi solo su incentivi e risorse pubbliche: «Vogliamo ridurre le emissioni, ma non possiamo farlo dall'oggi al domani e non possiamo farlo per sempre con sussidi».
Il messaggio
è netto: la transizione va affrontata con pragmatismo economico. «Non possiamo pensare che il margine fiscale del Paese possa giustificare qualsiasi tipo di attività. Questa è l'economia, non c'è altro modo», ha concluso.