Lusso sotto scacco: sboom in Cina anche d’estate, Barclays declassa Kering (Gucci)

Il traino cinese è un lontano ricordo per uno dei settori più in difficoltà in questo 2024 e dai mesi estivi stanno arrivando segnali non proprio incoraggianti

Lusso sotto scacco: sboom in Cina anche d’estate, Barclays declassa Kering (Gucci)
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La brama di lusso dei cinesi non accenna a riaccendersi, anzi. Il traino cinese è ormai un lontano ricordo per uno dei settori più in difficoltà in questo 2024 e dai mesi estivi stanno arrivando segnali non proprio incoraggianti. "L’ambiente macro si è ulteriormente deteriorato in estate e ora c’è una chiara visione del fatto che la debolezza cinese è strutturale e non solo ciclica", è il nuovo campanello d’allarme lanciato dagli analisti di Barclays in un report realizzato a seguito di due settimane di viaggio itinerante nel paese asiatico e a Hong Kong visitando negozi e centri commerciali di lusso, oltre a incontrare investitori ed esperti. Per i beni di lusso questo si traduce in vendite estive negative nella Cina continentale. Il terzo trimestre, avverte Barclays, si preannuncia molto debole con molti brand che a luglio e agosto stanno accusando in Cina cali rispetto a un anno fa tra il 10% e il 50%. Inoltre, i clienti si mostrano sempre più selettivi. In questo ambiente molto
polarizzato, la casa d’affari britannica vede più a rischio marchi in fase di transizione e di conseguenza ha deciso di declassare Burberry e Kering; relativamente a quest’ultima, caduta oggi del 3% in Borsa, gli analisti hanno appreso che il marchio di punta Gucci continua a subire un forte calo delle vendite in Cina, più dei suoi pari, e il feedback degli esperti del settore è stato piuttosto pessimista sul potenziale impatto della nuova offerta di prodotti Gucci.

La Cina, fino a poco tempo fa epicentro della crescente domanda per i grandi marchi europei del lusso, si ritrova ad affrontare delle sfide strutturali destinate a perdurare più a lungo del previsto. I principali driver che negli ultimi anni hanno spinto la domanda dei prodotti della moda - quali crescita economica, boom della finanza e dell’immobiliare – non sono più di supporto e la trasformazione in atto nell’economia di Pechino potrebbe rappresentare un freno al comporto. Quest’anno l’indice S&P Global Luxury, che annovera al suo interno le maggiori società del settore (tra cui 8 italiane), segna un tonfo del 10%, in netta controtendenza rispetto all’azionario globale con il rosso acuitosi negli ultimi mesi alla luce dei deludenti riscontri arrivati da colossi quali Lvmh, Kering, Burberry e Richemont.



Oltre a una minore capacità di consumo nell’attuale clima economico, dietro il venir meno della voglia di lusso del Dragone c’è anche una crescente evidenza della «vergogna del lusso», un fenomeno per cui i cinesi con un patrimonio elevato, e quindi ampio potere di
spesa, scelgono di non ostentarlo per paura di essere demonizzati mentre gli altri stringono la cinghia.

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