Claudia B. Solimei
da Bologna
Chi sono gli anarchici che hanno colpito? Poche persone, non riconducibili ad altre realtà dell'antagonismo cittadino, come i no global. È questo, secondo gli investigatori, il ritratto degli anarchici insurrezionalisti che nel luglio del 2001, per la prima volta, si fecero vivi proprio a Bologna sotto il nome di «Cooperativa artigiana Fuoco & Affini».
Allora fu una pentola esplosiva che per poco non scoppiò in faccia a un agente della Questura. Da quel momento un unico filo nero, secondo le indagini, si è dipanato a suon di buste esplosive e ordigni in varie città d'Italia. Nel mirino caserme, istituzioni europee di giustizia e anche Romano Prodi: nel dicembre del 2003, l'allora presidente della commissione europea si vide recapitare un libro che gli si incendiò fra le mani. In quell'occasione, insieme alla sigla della Cooperativa spuntò quella della Fai, la Federazione anarchica italiana, una sorta di contenitore dei gruppi anarco-insurrezionalisti in Italia. Poi, dopo un pacco-bomba recapitato al Centro per clandestini di Modena, il 26 maggio di questanno arrivano i primi arresti in città per associazione sovversiva: sette persone, due donne e cinque uomini, vengono fermati dalla polizia e accusati dell'attentato di via del Terribilia, la pentola esplosiva del 2001. Quindici giorni dopo, però, il Tribunale del Riesame di Bologna sconfessa tutto il lavoro investigativo compiuto sotto la guida del pm Morena Plazzi: vengono rimessi in libertà i sette arrestati, anche se due rimangono in carcere per una indagine analoga della Procura di Roma.
Tutto da rifare, insomma, per la Procura di Bologna, almeno fino a ieri, quando le due sigle anarchiche sono tornate a colpire in città.
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