Azzerare l’urbanistica vuol dire cancellare 35mila posti di lavoro

Settecentomila posti di lavoro in meno, circa 35mila l’anno, e 70 milioni di euro sfumati, ecco in due numeri le conseguenze della revoca del Piano di governo del territorio deliberata due giorni fa dall’amministrazione Pisapia. Nei prossimi mesi, il pgt firmato dalla giunta Moratti, che avrebbe dovuto essere pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia e diventare effettivo il 1 luglio, verrà rivisto e corretto a partire dalle 4765 osservazioni di cittadini e associazioni. Il documento dovrebbe tornare in consiglio comunale entro la fine dell’anno per venire approvato al massimo entro il 31 dicembre 2012 pena il commissariamento del Comune. Bloccare la città nello sviluppo tracciato dal nuovo piano regolatore significa, aveva calcolato l’ex assessore all’Urbanistica Carlo Masseroli, appunto, perdere 700mila posti di lavoro, circa 35mila l’anno, e bruciare almeno 70 milioni di oneri di urbanizzazione. «Le 700mila unità - spiegava Masseroli - sono state calcolate a partire da una valutazione sugli interventi costruttivi degli ultimi dieci anni, presi a modello per quanto può accadere nei prossimi 20 anni grazie al Pgt. I calcoli includono le maestranze e i costruttori, incaricati di realizzare gli edifici, le squadre di operai che lavorano per queste aziende immobiliari e quanti partecipano agli investimenti dal punto di vista finanziario. Ma anche le imprese attive nei servizi e nell’artigianato, cui sarebbero dati gli spazi dove poter operare. Insomma lo sviluppo urbanistico della città previsto dal Piano, insieme all’indotto che questo porterà con sé, genererebbe in totale 700mila posti di lavoro».
Così dei 170 milioni di euro di oneri di urbanizzazione messi a bilancio per il 2011 «ne entreranno a fine anno un centinaio» calcolava l’ex assessore al Bilancio Giacomo Beretta. Il motivo? Operatori, privati, investitori italiani e stranieri, vedendo le dichiarazioni di guerra (al piano) dell’allora candidato sindaco Giuliano Pisapia hanno bloccato qualsiasi operazione. Troppa incertezza sulle regole e sul futuro di Milano. Due nomi tanto per comprendere la portata del discorso: il Fondo Apollo e il Fondo pensionistico dei trasportatori americani, intenzionati a investire nel mattone meneghino, hanno dirottato i capitali altrove.
Ma l’incertezza delle regole urbanistiche potrebbe avere conseguenze disastrose per l’intera città per Claudio de Albertis, presidente di Assimpredil Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori edili. «Il rischio adesso è dover passare per tre regolamenti diversi in cinque anni, una follia - spiega -: fino all’approvazione del Pgt avremo un sistema di regole, poi passeremo per il Pgt rivisto e corretto dalla giunta Pisapia, e poi un terzo e nuovo piano, che la giunta ha intenzione di riscrivere. Il risultato? Un disastro per il settore edile e per quello finanziario: operatori, fondi, privati davanti all’incertezza scappano e la città intera rischia di perder opportunità preziose». In realtà il fenomeno è già in atto da almeno sei mesi, con l’inizio della campagna elettorale: «I continui annunci, le dichiarazioni di intenti spaventano e bloccano il mercato. La nostra speranza è che l’amministrazione modifichi il piano al massimo in un anno e non lo riscriva: approvato il Pgt versione bis sarebbe auspicabile fermarsi per non danneggiare Milano».
Preoccupazioni arrivano anche da Assoedilizia per bocca del presidente Achille Colombo Clerici: «Il Pgt rappresenta un volano per l’economia milanese, a fronte anche e soprattutto della crisi. La ripresa del settore e dell’indotto che porta con sè oltre a rafforzare l’economia locale permetterebbe la tenuta delle aziende colpite».

Non solo, ritardare l’apporvazione del Pgt di un altro anno, alla prossima estate vorrebbe dire concedere a Milano solo due anni di tempo prima di Expo «un’occasione straordinaria che non ci possiamo permettere di perdere proprio in vista della ripresa economica della città» per dirla con le parole di Colombo Clerici.

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