Azzerati i vertici del Trivulzio Ma due consiglieri non mollano

MilanoTutta colpa della stampa. Ieri mattina a Milano si è sciolto il consiglio di amministrazione del Pio Albergo Trivulzio, travolto dagli scandali degli affitti low cost. Due consiglieri non hanno rassegnato le dimissioni, trincerandosi dietro la «gogna mediatica» e il «caso Boffo». Nella capitale dell’editoria e sede dei principali quotidiani c’è chi punta il dito contro i giornali per non assumersi le proprie responsabilità. I vertici dell’ente pubblico, controllato al 50% dal Comune di Milano e al 50% dalla Regione Lombardia, finito nei giorni scorsi al centro degli scandali per i canoni di favore a vip, politici, amici e conoscenti, sindacalisti, hanno rassegnato le dimissioni, anche per il pressing del sindaco Letizia Moratti, che non ha gradito la bomba esplosa a meno di tre mesi dalle elezioni, e del presidente della Regione Roberto Formigoni.
Su sette consiglieri, però, due hanno deciso di resistere: Marco Antonio Giacomoni e Luca Storelli, infatti, «non si dimettono ritenendo le dimissioni una ammissione di colpa inaccettabile perché non riconoscono che generiche contestazioni di stampa giustifichino l’abbandono dell’incarico che tutto il cda ha svolto con impegno e correttezza. Ritengono che i casi “Boffo” debbano essere assolutamente contrastati». È la prima volta che si legge nel comunicato di un board appena sciolto che le istituzioni, nel richiedere le dimissioni dei membri, siano state «sollecitate dalla gogna mediatica». Colpa della stampa? «No, le dimissioni sono state rassegnate su pressante richiesta delle istituzioni - spiega Giacomoni -. Il caso Boffo? Non si possono chiedere le dimissioni di qualcuno, come è stato fatto, con articoli offensivi». «Io penso che gran parte di tutto quello che è stato detto è una grande montatura che non troverà riscontro - commenta il direttore generale Fabio Nitti, che mantiene l’incarico -. Ho la coscienza a posto: aspetto la magistratura per dimostrare che tutto è stato svolto nel massimo della regolarità».
Ma i motivi che hanno portato il presidente della «Baggina», la casa di riposo dei milanesi - spavaldo fino a due giorni fa - a lasciare per primo il suo incarico, sono altre: «Secondo me ci hanno chiesto di dimetterci per beghe interne tra presidenza e vicepresidenza» spiega ancora Giacomoni. Lascia intendere più di una frizione tra i vertici, il comunicato della vicepresidente, Francesca Zanconato Scaroni, che non ha voluto firmare quello congiunto diffuso dall’ente. Moglie dell’ad dell’Eni Paolo Scaroni, nominata in quota Regione, ma amica fidata del sindaco (siede nel consiglio degli «Amici di San Patrignano» e nel consiglio direttivo di «Casa Letizia») ha scelto di giocare in solitaria: «Con le mie dimissioni ho voluto dare un contributo al rinnovo del vertice del Pio Albergo Trivulzio attraverso l’azzeramento del suo vertice. È il momento di dare una forte sferzata - scrive -. Sono una persona positiva e voglio sperare che da questo momento difficile per il Pat possa venire fuori la scintilla che faccia ripartire l’istituto, spogliandolo dei tristi bagagli del passato».


Sembra che il sindaco vorrebbe l’ex vicepresidente sulla poltrona di Trabucchi, che a suo tempo aveva indicato alla presidenza, mentre la Regione, cui spetta ora la nomina di un commissario, sembra spingere per la figura di un tecnico. E tra questi, il nome della Zanconato non compare.

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