Conoscerlo a trent'anni, dopo avergli sempre creduto, fra letterine e desideri. Babbo Natale se ne sta dietro una porta. Ha sempre saputo che l'avresti trovato, prima o poi. Arrivare a Napapiiri, la sua dimora a cavallo del Circolo polare artico, è una sfida fra la razionalità inaridita dall'età e la magia di riscoprirsi bambino.
La premiata ditta Santa Claus va a gonfie vele dal 1985, quando Jarmo Kariniemi fece uscire - come dal cilindro di un prestigiatore - questo vecchietto lanuto e «di antico pelo» da una spelonca sulla collina di Korvatunturi. Obiettivo: dare alla fiaba un domicilio terreno, oggi un impero che rende 14 milioni di euro, creando nel complesso di questa landa lappone 345 milioni di indotto. A dargli una mano, fin dagli Anni Trenta, erano stati i media, in particolare, un anchorman dal nome rassicurante assai, Zio Markus, che, con le sue trasmissioni radiofoniche, aveva costruito un mito intorno all'indirizzo di Babbo Natale.
Insomma, «Santa» aveva trovato casa in Lapponia, ormai lo sapevano tutti, anche se nessuno sapeva bene dove.
Ora invece il suo «ufficio» a 8 km da Rovaniemi downtown dà lavoro a 60 persone tutto l'anno che si trasformano in 300 quando arriva il momento di fare gli straordinari - in estate e poi a Natale - per accogliere i visitatori, oltre 400mila l'anno, circa 20mila gli italiani.
Il primo bel regalo «Santa» lo ha confezionato per i 50mila abitanti di Rovaniemi, dando un'alternativa alla gente di qui che, oltre al turismo, la pesca nel ghiaccio, l'allevamento delle renne, ma anche un'importante università e le forme con cui Alvar Aalto ha ridisegnato la città dopo la guerra, può contare su una forma di new business per cui è davvero Natale tutto l'anno.
Caro Babbo Natale, Lei è uscito allo scoperto e dalla collina di Korvatunturi si è sistemato bene: pannolenci, profumo di abete e camino acceso, il suo studio è una vera stanza dei bottoni...
«Sì, è più comodo di un tempo, ma faccio ancora il pendolare ogni giorno con le mie renne da qui alla collina, questione di abitudine».
Una faticaccia, immagino, però dallo scorso anno ha traslocato in un vero palazzo che si fa sempre più rosso fino alla magica soglia del suo studiolo.
«Beh, ricevo molte persone, non potevano stare incolonnati al freddo nell'attesa. Abbiamo creato un percorso di un chilometro, all'interno, al calduccio, una sorta di viaggio più accogliente con folletti e memorie del mio passato, fra ferri vecchi con cui eseguivo le consegne secoli fa, musica e luci».
Il suo vero nome per la gente di qui è Youlupukki, che poi sarebbe «capra di natale»: nessun complesso?
«Molti secoli fa, prima di Gesù, le popolazioni lapponi credevano in uno spirito maligno dalle sembianze di capra maschio che esigeva regali nel giorno più corto dell'anno. La sua leggenda si è confusa con il mio compito di portare regali e io sono diventato capra di Natale».
Per tutti gli altri invece - Dante compreso che lo mette in Purgatorio XX -, all'anagrafe fu Nicola dalla Turchia che strappò tre fanciulle dalla strada, donando loro la dote per le nozze. Da allora, la sua «dolce condanna» è far regali agli altri.
«Eccoti, ciao, dimostri sempre 10 anni, hai fatto la brava?», ti accoglie lui spiazzandoti con una galanteria che azzera la lista di domande «da grande» che ti eri preparata. Dietro la barba sintetica, il suo volto è giovane, gli occhi azzurri, le mani levigate, una fede al dito e l'aspetto paffuto e rassicurante di chi sa molto ascoltare. Parla tante lingue Youlupukki, si informa su che cosa fai, dispensa consigli. Non è solo buon senso, ma una missione per rendere il «tuo» attimo eterno, otto ore al giorno di sorrisi, chiacchiere e foto. Non casca nel tranello di domande «perfide»: no, le renne non hanno un sindacato anche se Rudolph, la renna anziana, spesso si lamenta degli straordinari.
Fuori dalla sua casa negozi hanno insegne sfavillanti per vincere la lunga notte artica: ecco il Santa Claus Village con i suoi 50 negozi e quei 14 milioni di fatturato. C'è l'ufficio postale popolato da elfi vestiti in lana cotta anche ad agosto: sotto le loro sembianze si celano occhi a mandorla, come pallidi incarnati, accenti sudamericani o levantini. Vengono da tutto il mondo: del resto conoscere le lingue è importante se si deve curare la corrispondenza epistolare con l'universo mondo. Per questo uno stage da «Santa», che ora ha anche una Tv, è molto ambito. Fuori dall'ufficio postale c'è persino una webcam (www.santaclauslive.com), dove si può posare per dimostrare a casa, in tempo reale, di essere riusciti nell'impresa di raggiungere la soglia del Grande Nord a 66° 33' 07'' latitudine nord.
Abbiamo visto nei negozi gadget costosissimi: sa che ci sono pure inequivocabili oggetti per il bagno con la sua effigie?
«Questo luogo è un'occasione di lavoro per molte persone e unoasi di gioia per molti bambini, la mia vera soddisfazione».
Perdoni la franchezza, ma lei Babbo quanto fattura?
«Dei 14 milioni di euro del Santa Claus Village, 1,5 milioni sono riconducibili al mio ufficio, dove però i turisti entrano gratis, tutto l'anno, nove ore al giorno».
Non male, Lei sa di aver dato un terribile grattacapo a molti genitori che ogni anno, a Natale, devono tenere alto lo standard dei doni?
«Eh lo so, ma vedere un bimbo felice è un'emozione che ripaga di ogni fatica...»
Quante letterine riceve?
«All'ufficio postale arrivano circa 700 mila lettere l'anno. Servono tre mesi solo per copiare gli indirizzi, poi si comincia a rispondere. Molti bimbi mi inviano disegnini, ciucci e regalini che sistemo insieme ai folletti dell'ufficio in grossi bauli. Dividiamo le lettere per Paese: il Regno Unito è sempre in testa, poi mi scrivono sempre di più da Giappone e Corea».
Sa che ci vogliono 7,25 euro per farsi scrivere da lei, compilando un form su internet e che la foto con lei qui nello studio costa 13 euro?
«Rispondo in 17 lingue però e la mia letterina è diversa ogni anno. Se invece mi scrivi tu direttamente, basta che l'indirizzo sia bello chiaro e io ti rispondo...
Babbo Natale, confessi, Lei per Natale che regalo vorrebbe?
«Nulla, sto bene così, però, ecco, tu sei italiana, e allora una cosa ci sarebbe: un viaggio al caldo, a Rimini lo farei».
Se viene scriverà, sì lo farà. Questa volta tocca a lui.
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