Babbo Natale, una vera barba (moderna)

L'antenato degli hipster

Babbo Natale, una vera barba (moderna)

Luciano di Samosata era uno scrittore epicureo che sicuramente piacerebbe a Vittorio Sgarbi. Luciano il siriano sostenne, in uno scritto, che se i filosofi si misurassero in base alla barba, il primo posto spetterebbe alle capre. Ora mi pare di essere circondato da numerosi esemplari simili al suddetto quadrupede ma non si tratta né di filosofi, né di caprini. Ma sono, siamo, uomini masculi, con barba, compatta e fluente, curatissima, lisciata come si usa con il micio che fa le fusa o con il cane, accarezzandolo appena. Ecco che la barba ha assunto una sua dignità non più barbona e barbosa ma elegante, raffinata, di tendenza, non più rivoluzionaria e castrista ma borghese ed elitaria, in contrasto con il filosofo Luciano che, invece, era del tutto glabro e dunque disprezzava il pelo lungo sul mento e sulle gote dei suoi contemporanei. La barba è il momento del passaggio dall'infanzia all'adolescenza, cresce imprevista anche se attesa, grigiastra e poi nera, infine bianca, rada e poi folta, ispida ma acchiappante, tortuosa maschera attorno all'incarnato che muta espressione e lo stesso corpo assume una sembianza diversa. Miracolo del pelo, oserei dire se non fosse uno slogan ambiguo. Ma tant'è. Ecco che gli hipster hanno incominciato il loro tam tam ed è tornata di moda la barbieria, non certo la barberia, come qualche ignorante scrive anche sull'insegna della bottega; la barberia è una zona geografica dell'Africa e nulla c'entra con il salone (barbieria) nel quale ci si accomoda per il rito, rasoio, pennello, sapone che fa montare la sua schiuma, soffice, morbida, bianca, come neve (Giorgio Gaber ma era lo shampoo), avvolge il viso, diventando tutti Babbi Natale anche ad agosto, poi la lama provvede al taglio ma è leggero, la barba deve restare tale ma non quale, viene appena sfiorata dalle forbici che non sono cesoie. Hipster, dunque. È un termine anglosassone nato negli Stati Uniti, attorno agli anni Quaranta e riservato agli amanti di bebop e hot jazz (hip in gergo) in contrapposizione a quelli dello swing. Al tempo erano figure anarchiche, prive di morale, gentili e però decadenti, secondo la definizione descritta da Frank Tirro, forse il più grande studioso di musica e di jazz, anche clarinettista, nel suo libro «Jazz a History». Ma escludo che gli hipster contemporanei, quelli nostrani soprattutto, conoscano Tirro e il decadentismo. Ecco dunque apparire lungo le strade, dietro i banconi, all'interno di ristoranti e discoteche, baffi e barbe dei pionieri dell'Ottocento, rivisti e corretti secondo usi e costumi, nel senso di moda, di abbigliamento, di dandismo a volte eccessivo.

Ecco il rilancio dell'uomo baffuto sempre piaciuto ma se c'è il baffo spesso spunta la barba, sempre più lunga e curata sotto il mento. È furba, è bella ma non bela, cioè capra, capra, capra. E chiedo scusa al Maestro di Ferrara.

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