Daniele ha 27 anni, viene da una famiglia benestante ed è cresciuto con un'educazione cattolica. Il figlio perfetto: studioso, praticante, proiettato nel futuro, con il sogno di una famiglia e un lavoro stabile. Fino al cambiamento totale.
«Era un sabato: andai da mio padre e gli dissi di non svegliarmi l'indomani per la messa. La sua risposta mi sembra incredibile ancora oggi: Esci pure, ricorda di camminare sulla strada dritta e sappi che un giorno il Signore verrà a trovarti e tu non potrai dirgli di no, io pregherò per te». Il percorso, però, era ancora lungo. «Più passava il tempo e più mi allontanavo da Dio», racconta Daniele. «Oggi penso che la frivolezza della vita sia per l'adolescente un gustoso surrogato di felicità, copre i vuoti interiori di personalità, lenisce le ferite del passato e integra ogni carenza d'affetto. Per me la vanità era diventata una sorta di farmaco. Senza accorgermene stavo avvelenando l'originalità del mio essere, mi stavo trasformando in una fotocopia, avevo indossato la maschera del bad boy». Poi la svolta. «A 23 anni, finita l'adolescenza, per la prima volta mi sono sentito smarrito. Stavo per laurearmi, avevo amici, una famiglia alle spalle e belle ragazze intorno, ma non sapevo cosa fare della mia esistenza. Fortunatamente, nell'ora più buia, ho avuto la forza di chiedermi: Esiste Dio?. Una domanda alla quale non ho dato risposta, ma che ha raggiunto il Buon Pastore che non ha esitato a lasciare le 99 pecorelle per andare alla ricerca di quella smarrita. Per la prima volta ho provato la vera felicità. Una beatitudine simile a quella provata da un neonato tra le braccia della madre, una gioia energica paragonabile a quella di un bambino che va allo stadio con il papà. Da quell'istante la mia vita è cambiata, ho iniziato un percorso inverso: un cammino duro e faticoso, pieno di ostacoli e prove, resistenze interne e tentazioni esterne, paure e angosce, ma che mi ha condotto, come prima tappa, a ritrovare la mia immagine e somiglianza con il Creatore.
Oggi mi sento fortunato e felice: sono solo al primo anno di seminario e non posso negare di essere un po' spaesato, ma allo stesso tempo sono sereno. Sono consapevole che la felicità non consiste nell'essere sacerdote, padre, marito, imprenditore, calciatore, ma nel dire sì alla volontà di Dio».
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