Il Bagaglino, l’ultima ossessione di Walter

Salvate il soldato Walter dalla sua nuova ossessione: il Bagaglino. Veltroni ce l’ha in testa come quel motivetto che ti piace tanto e non riesci a toglierti di mente, quell’inestirpabile ritornello piantato nella grande mente democratica. «L’Italia vera non è il Bagaglino», ripete da giorni come un juke-box rotto, dove metti la monetina ed esce sempre la stessa canzone.
L’apparizione di Silvio Berlusconi al Salone Margherita di mercoledì scorso dopo il Consiglio dei ministri sulla crisi finanziaria ha mandato in tilt il leader del Pd. Il pensiero del Cavaliere sorridente che sdrammatizza le difficoltà dell’economia scompiglia la seriosità della sinistra.
E quindi dagli al Bagaglino. Perché Veltroni disdegna la satira firmata Gino Landi e Pierfrancesco Pingitore, non si mescola con Pippo Franco e Aida Yespica, la quale invece fu apprezzata assai da Antonio Di Pietro, Clemente Mastella e Alfonso Pecoraro Scanio quando stavano al governo. «Chi passa le serate al Bagaglino, chi in altro modo», ha sentenziato l’ex sindaco di Roma lunedì sera dopo aver visto al cinema il film di Mimmo Calopresti sui morti alla Thyssenkrupp di Torino. E poi: «La democrazia non è solo il Bagaglino ma anche piazze piene di gente che dice quello che pensa».
Una notte turbata dall’incubo di Apicella che strimpella e Pamela Prati che sgambetta ha radicato il refrain veltroniano. Costretto ad accontentarsi della platea virtuale di Youdem.tv, condannato a parlare davanti a una webcam muta invece che a un popolo vivo, il segretario democratico ha lanciato l’intemerata: «Come si può sostenere che non è traumatico andare al Bagaglino mentre lo è la nostra manifestazione del 25 ottobre?». Di trauma in trauma, eccolo ieri cedere di nuovo al riflesso pavloviano. «Stiamo vivendo una crisi che andrà sui libri di storia, si spende meno, le imprese sono in difficoltà, la gente si impoverisce: questa è l’Italia reale, non quella del Bagaglino», si è scandalizzato Veltroni al programma di Raitre «Le storie».
Perciò, prepariamoci. Oggi, prima che il Parlamento voti il giudice della Consulta, Veltroni prenderà il microfono e tuonerà: «La Corte costituzionale non è il Bagaglino». Quando si riunirà la Vigilanza Rai per nominare il presidente, arriverà il monito: «Viale Mazzini non è il Bagaglino». Agli studenti che occupano le università: «La cultura non è il Bagaglino». Ai tifosi nazisti: «Gli stadi non sono il Bagaglino». A Barack Obama: «La Casa Bianca non è il Bagaglino». A Roberto Saviano: «Casal di Principe non è il Bagaglino».
Ma il peggio non è ascoltare un disco rotto.

È che il copyright appartiene a Di Pietro: «Berlusconi va al Bagaglino ma non viene in Aula», ha rampognato per primo l’ex pm la mattina dopo la serata berlusconiana. Povero Walter, non sa più inventare nemmeno i tormentoni.

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