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Bagarre leghista in Senato tra urla, "vaffa" e contestazioni

Bagarre leghista in Senato tra urla, "vaffa" e contestazioni

Lui, il bersaglio della piazzata leghista, non perde neppure per un attimo l’aplomb britannico. «Non credo tocchi ai membri del governo commentare comportamenti dei membri del Parlamento», è l’unico commento del professor Monti. Sottotesto: si commentano da soli.

Quando nell’aula del Senato, ieri mattina, sui banchi del Carroccio ha preso il via la sceneggiata (ispirata alle bagarre anti-berlusconiane dei dipietristi, con tanto di cartellonata e slogan da “popolo viola”), il premier ha interrotto la sua relazione sull’ultimo vertice europeo ed è rimasto impassibile, a rimirare l’agitarsi dei senatori leghisti davanti alle telecamere. I cartelli tuonavano «basta tasse», «questa manovra è una rapina»; le facce soddisfatte degli attori erano però poco in assonanza con i toni drammatici. Si sbellicava dalle risa l’ex ministro Calderoli, zompettando da un banco all’altro per sottrarre ai commessi il corpo del reato (il cartello) che il presidente Schifani aveva ordinato di requisire. Si sganasciava Rosi Mauro, la corpulenta vicepresidente di Palazzo Madama nota per l’assidua presenza al fianco di Bossi, su cui veglia trepida durante le trasferte. Si divertiva un mondo anche il capogruppo Bricolo, alla faccia dei severi richiami all’ordine di un sempre più esasperato Schifani. I ministri tecnici, seduti attorno a Monti, osservavano basiti la gazzarra da curva di stadio in corso tra le boiserie e i velluti rossi di Palazzo Madama.

Il presidente del Senato, nel tentativo di ripristinare un minimo di buone maniere in aula, è finito presto nel mirino degli urlatori leghisti: «Pagliaccio!», «Vergogna!». Il leghista Garavaglia (che deve aver visto il Robin Hood di Walt Disney) intanto tuonava contro Monti: «Sei lo sceriffo di Nottigham». Alla fine Schifani ha dovuto sospendere la seduta.

Pdl e Pd stigmatizzano all’unisono la bagarre, solidarizzando con il premier e col presidente del Senato coperti di improperi. «L’opposizione non si fa in questo modo, la Lega ha sbagliato», dice il pdl Osvaldo Napoli. Il segretario del Pd Bersani attacca: «Possono dire e fare quel che vogliono, ma i leghisti non arrivano da Marte: hanno governato otto degli ultimi dieci anni». Umberto Bossi invece giudica «una cosa normale» l’accaduto: «Il paese è in difficoltà e questa manovra non serve a nulla».

Alla frenetica ricerca del consenso perduto nei lunghi anni di governo, la Lega Nord sceglie dunque di rinnovare i fasti dell’epoca in cui agitava i cappi in aula. Unendo l’utile al dilettevole, perché mentre al Senato i suoi si scatenavano, a Montecitorio il capogruppo Reguzzoni (nel frattempo messo a sua volta in mora da Bobo Maroni, che gli chiede di liberare entro gennaio la poltrona di presidente dei deputati, su cui si dice voglia sedersi l’ex ministro degli Interni) annunciava: «Non parteciperemo più ai lavori del Copasir finché non saranno ripristinate le regole della democrazia». Ossia fino a quando non verrà assegnata a loro la presidenza del comitato di controllo sui servizi segreti, ora occupata da Massimo D’Alema. «Ci spetta in quanto unico partito di opposizione», dicono.

Ma a breve gli toccherà vedersela con la concorrenza di Di Pietro.

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