Riccardo Signori
Gli americani lo coccolano chiamandolo «Golden boy» e aggiungono: proprio come piacciono a noi. Il tipo è di quelli destinati ad aver successo: un bel sorriso radioso, la parlata facile e listinto comunicativo, la voglia di successo, la determinazione a non farsi battere dai suoi 35 anni, una medaglia doro olimpica (che vale più di qualunque carta didentità), il fatto di essere bianco ed anche italiano. «Esattamente il tipo di atleta che amiamo avere a New York», ha raccontato Mary Wittenberg, direttore della corsa. Per essere perfetto Stefano Baldini dovrebbe aggiungere una vittoria questa sera. Maratona di New York, ovvero la più prestigiosa, insieme a Boston, fra le corse sui 42 chilometri e spiccioli.
Gli americani, fra laltro, rimasero colpiti dai titoli dei giornali italiani, quando Baldini vinse la maratona olimpica di Atene (2004). Uno su tutti: il Dio della maratona. Ed oggi passare da «Dio della maratona» a «Re di New York» non sembrerebbe loro assolutamente riduttivo. Piuttosto accrescitivo. Baldini ci proverà per la quarta ed ultima volta. La fine della strada è vicina e un ragionatore-ragioniere come lui questanno si è fatto attrarre dalla golosità solo per togliersi unaltra soddisfazione da top runner. Ha raccontato: «Sono a posto, agli europei ho speso poco e questa sarà lultima occasione della carriera di vincere a New York. Di solito corro due maratone a stagione. Questanno sono andato a Londra ed ho fatto il record italiano, a Göteborg ho vinto leuropeo, qui ci saranno grandi nomi. Lanno prossimo dovrò pensare al mondiale e correrò a Londra o Boston. Nel 2008 farò una gara in primavera, eppoi punterò tutto sui Giochi. Quasi certamente lultima maratona della mia storia di atleta».
Tutto previsto e ragionato, nulla fuori posto salvo gli scherzi del fisico. Stavolta Baldini sarà forte delle esperienze passate e magari della tradizione. Le esperienze le spiega lui: «La prima volta mi sono ritirato. Poi, per due volte, ho perso la corsa sulla First Avenue. Cè un momento in cui devi cambiare passo. Chi sta bene prova ad andare via. Dovrò provarci». First Avenue, un nome, una garanzia per chi cerca di essere primo. Ma poi ci sono tradizione e scaramanzia tutta italiana: le ultime due vittorie maschili (la Fiacconi ha vinto nel 1998) si sono scadenzate di dieci anni in dieci anni: 1986 Gianni Poli, 1996 Giacomo Leone. Il 2006 potrebbe essere di nuovo lanno dellitalian style (visti anche i 3.100 partecipanti arrivati da casa nostra). Baldini, che crede a se stesso ma anche ai segnali del destino, ci avrà fatto caso prima di decidere sul che fare, dove correre, quanto rischiare e quanto incassare. Ingaggio a parte, al vincitore andranno 130mila dollari su un monterpremi complessivo di 700mila dollari. I saliscendi di New York, il vento che ti arriva dal ponte di Verrazzano, le fastidiose lepri africane, la First Avenue sono pericoli che valgono il rischio. E per uno tanto professionista, professionale e dallorgoglio del campione non sarà difficile seguire la solita logica di gara. «Come ad Atene: servirà stare sempre attenti, senza distrarsi mai». E non lasciarsi ingoiare dal fiume lungo 37mila anime, che poi è il cuore della maratona.
Baldini proverà ad addentare la Grande Mela, ma sarà una faticaccia. Gli staranno fra i piedi il solito Tergat, vincitore lanno passato, letiope Negussie (vincitore a Boston nel 2005), il sudafricano Ramaala (primo nel 2004) e il gruppo degli americani che non vincono la gara dal 1982, uneternità. Stavolta si porteranno dietro un jolly di successo, con tanto di benedizione dello sponsor: ovvero Lance Armstrong che, sceso dalla bici, proverà a passare dalle salite del Tour a quelle di New York. Arriverà con la lingua di fuori, se arriverà.
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