Baldini: «Cominciate a correre, diventerete persone migliori»

Il Re di Atene 2004 è stato ospite sull’Appennino modenese con il tecnico Gigliotti

Marco Lombardo

nostro inviato

a Montese (Modena)

Per una volta non andava di corsa, anzi. Stefano Baldini è stato campione anche in questo: arrivato puntualissimo per una serata tutta in suo onore, s’è concesso senza guardare l’orologio, con lunghi discorsi sul palco e una parola (e molte foto) con tutti, un saluto cordiale prima di andare via, senza sgattaiolare insomma. In pratica: da atleta vero e non da divo. Ed è per questo che proprio lui, il Re della Maratona, è stato scelto per la prima edizione del Montese Sport Award, un premio - appunto - pensato più per l’uomo che per lo sportivo e che diventerà ora tradizione. Anche se lì su quello spettacolare punto dell’Appennino modenese che è una piccola perla d’Italia, trovare un altro premiato come Stefano Baldini - e come il suo brillante tecnico Luciano Gigliotti, 72 anni e due campioni olimpici in tabella (ricordate Bordin a Seul? Ecco, l’allenava proprio lui) - sarà compito duro.
Perché la serata - quella dello scorso 1° dicembre - è stata piacevole, anzi di più, accompagnata da due video sulle altrettanti recenti vittorie di Stefano (Giochi di Atene 2004, Europei di Goteborg quest’anno) e dalle mille parole che sono volate vie troppo in fretta. Hanno corso - le parole - come fa di solito Baldini, per raccontare questa storia che lui e Gigliotti hanno reso unica. Eccola.
Quella notte ad Atene
Baldini: «Prima dei Giochi ero comunque soddisfatto della mia carriera, ma certo quella gara ha cambiato la mia vita. Ero sicuro, sapevo che avrei fatto qualcosa d’importante, l’unico piccolo rammarico è che quella sera non ho potuto godermi il successo quanto avrei voluto. Era l’ultima gara delle Olimpiadi, c’era subito la premiazione, avevano tutti una gran fretta. Ecco, mi sarebbe piaciuto aver più tempo per assaporare quella vittoria, la vittoria della vita».
Gigliotti: «Pensa Stefano che stasera, guardando il video, finalmente ho visto il podio. Allora mi hanno portato subito nello stanzino dell’antidoping ad aspettarti e mi hanno chiuso lì dentro».
Baldini: «Meglio tardi che mai...».
Quella vita di corsa
Baldini: «Io sono l’ottavo di undici fratelli, per questo lo spirito di competizione è innato in me. Dovevo far qualcosa per farmi notare e ho avuto la fortuna di avere due fratelli che praticavano la corsa. Ho cominciato e ho capito subito, già da ragazzo, che era il mio sport. Le vittorie arrivano con la maturità? Non sempre, c’è chi ha vinto l’Olimpiade a 23 anni. Diciamo che più sei avanti con l’età, meno fai errori. In pratica li hai già fatti tutti...».
Gigliotti: «Come si scopre un Baldini? I Baldini, così come i Bordin, non si scoprono: sono nati così, bisogna solo metterli sulla strada giusta. Io ho avuto solo la fortuna di accompagnarlo nella crescita (la sala gremita applaude la modestia), ma il vero merito è nel Dna. Dunque ringraziamo la mamma di Stefano».
Quei giorni dopo il trionfo

Baldini: «È vero, l’anno dopo Atene è stato deludente. Ma non è perché non mi sia allenato seriamente: mi sono allenato come al solito, era la vita intorno che non era la stessa. Troppi impegni, troppe distrazioni: ho cercato di gestirle, non ci sono riuscito».
Gigliotti: «La maratona si corre con le gambe, ma anche - al cinquanta per cento - con la testa. Se non c’è quella non vai lontano».
Quella voglia di riscatto
Baldini: «Quella di quest’anno a Goteborg è stata la prova più difficile: ero il grande favorito, avevo gli occhi puntati addosso, se fossi arrivato secondo sarebbe stato come non aver conquistato nulla. Qualcuno mi diceva: “Ma chi te lo fa fare?”. Invece io ero convinto, preparato e concentrato. Dovevo rifarmi del 2005, dovevo prendermi la rivincita».
Gigliotti: «Io lavoro con Stefano da tanti anni, quindici ormai, e devo dire che con lui è tutto molto facile. È un professionista serio, sa come prepararsi e non c’è bisogno di controllarlo (infatti al buffet del dopo premiazione non assaggerà neanche una tartina). Diciamo la verità: io potrei anche non esserci...».
Baldini: «Non è vero Prof, senza i suoi consigli non sarei nessuno».
Quell’avversario nascosto
Baldini: «Il doping? Certo, non ho le fette di salame sugli occhi, ma preferisco pensare che chi mi batte sia effettivamente più forte. Diciamo che ho fiducia nei controlli».
Gigliotti: «Diciamo che io sono molto meno fiducioso. Quella contro il doping è una rincorsa quasi impossibile».
Quegli avversari di sempre
Baldini: «Gli africani sono i rivali più difficili, ma nelle maratone da competizione - mondiali e olimpiadi - non sanno correre. Sono più difficili nelle gare su strada, dove partono subito a cento all’ora e spezzano i ritmi. Impareranno? Forse».
Gigliotti: «Impareranno: adesso li allenano molti tecnici italiani»
Quel consiglio ai giovani
Baldini: «L’unica cosa che vi posso dire è: fate più sport. Correre poi è naturale e bastano un paio di scarpe. Non l’ho inventata io, ma questa frase mi sembra la più giusta: un uomo che fa sport è un uomo migliore (gli studenti delle medie presenti annuiscono ammirati)».
Gigliotti: «Insomma: un po’ meno - come si chiama quella cosa? - ha sì, playstation. E state un po’ più all’aria aperta».
Quell’ultima meta
Baldini: «Il mio futuro? Ho cominciato a prepararmi ai mondiali di Osaka del prossimo agosto e poi c’è Pechino. Nel 2007 voglio superare i miei limiti, dopo dirò basta: nel 2008 avrò 37 anni, mi sembra giusto. Ma non ci penso ancora: quando uno comincia a immaginare il suo ritiro vuol dire che s’è già ritirato».


Qui Gigliotti si limita ad un sorriso, segue premiazione e l’interminabile fila per gli autografi alla quale Baldini non si sottrae. Poi il saluto e l’arrivederci: la corsa ricomincia e i mondiali sono troppo vicini. Con una certezza: quest’anno non ci saranno distrazioni.

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