nostro inviato a Helsinki
Tre crampi per punire un campione e ricacciare nellangolo lItalia dei buchi nellacqua di Helsinki. Ieri è rispuntato il sole sui mondiali, ma sono tornati gli scrosci sulla compagnia azzurro tenebra. Affondato anche Stefano Baldini: 30 km da campione olimpico della maratona, un paio in solitaria fuga con Jaouad Gharib, il marocchino che a Parigi fu campione e qui sè confermato tenendo ritmo frenetico fino ai sei dalla fine, eppoi il lento, inesorabile calvario sul piano inclinato. Lo hanno raggiunto prima un etiope, poi un tanzaniano, due giapponesi. Passavano tutti. Fino a rivedere una scena già vissuta. Baldini come Brugnetti, fermi ai bordi della strada, piegati a cercare sollievo. La maledizione finlandese ha voluto divertirsi ancora. Misera sorte di due campioni olimpici, traditi dal granello nellingranaggio, capace di fermare una macchina da corsa. Brugnetti ha sofferto freddo e mal di stomaco. Baldini sè sentito mordere da tre crampi alla coscia destra intorno al 32º km. Per un maratoneta, peggio di una coltellata. «Ho provato tre volte a riprendere. Ma al 35º ho mollato». Decisione difficile, sofferenza pura per uno che ha lorgoglio e le voglie di Baldini. Lucio Gigliotti, il suo tecnico, diceva sconsolato: «Ha perso una grande occasione. Ha corso per vincere ed è saltato. Se stava tranquillo prendeva almeno largento». Alla fine la maratona mondiale è stata la maratona del resto del mondo: lEuropa ha infilato solo tre atleti nei primi quindici. Lisraeliano Haile Satayin, 50 anni, latleta più vecchio del Mondiale, ha chiuso 21º. Mentre Vanderlei De Lima, il brasiliano fortunello di Atene, ha seguito il nostro Stefano nel ritiro: la sorte vuole sempre accomunarli.
Il crampo dicevamo, certo, ma Baldini è uno con gli attributi, di razza diversa da questItalia di viziati e pappe molle. E allora sè preso le colpe. «Non ci sono scuse, ho sbagliato. Ho esagerato, stavo così bene che quando Gharib è partito lho seguito senza preoccuparmi. Le gambe giravano e la gara si stava mettendo bene. No, dovevo lasciarlo andare». Dispiaciuto, deluso («Molto deluso»), ma con le idee chiare. La faccia non è quella bella, senza fatica di Atene. Qui si vedono i segni della tensione, gli occhi del fallimento. Ecco perché Baldini sè messo a carezzare un sogno. «Vorrei correre unaltra maratona, subito: sto troppo bene. Sono arrabbiato. Ho voglia di rivincita». Tornerà, lo assicura Gigliotti che lo conosce, ed era convinto di vederlo sul podio: «Ha ancora fame di risultati».
Altra storia rispetto a una squadra da orecchie basse. Anche i maratoneti hanno tradito: tre ritirati, due dispersi tra 17º e 35º posto. Tante miserie e poca nobiltà hanno accompagnato questa spedizione azzurra, una delle peggiori di sempre. Troppe controprestazioni (si sono migliorati solo alcuni giovani), troppa incapacità tecnica di sviluppare il valore di qualche atleta, troppe polemiche. I velocisti sono stati i principi del parlare veloce e correre lento: presuntuoso Howe, inutile Collio, senza rispetto per alcuno la Levorato. In più ci si sono messi anche Cavallaro e Torrieri, voci fuori campo. I buchi di Gibilisco e della Martinez sono un pesante campanello dallarme.
La federazione assicura che molto andrà riveduto, anche nei quadri tecnici: serve miglior preparazione, non basta rifarsi a scuole di venti anni fa. Latletica non cammina, corre. Ammette proprio Gigliotti: «Non cè tanto da scegliere: gli atleti sono questi. Bisogna cambiare una mentalità carente, per non dire penosa, riportare e invogliare i giovani. Non pensare a Pechino 2008, ma al 2012. Abbiamo un buco generazionale fra i 20 e i 30 anni. Serve far crescere i tecnici». Occorrono anche danari, ma in questo mondiale è dimostrato che, chi ci prova, cresce. Ben 58 Paesi hanno infilato almeno un atleta fra i primi otto: si va dagli Stati Uniti alla Colombia.
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