La Lega ha tutte le ragioni per temere un esito positivo del referendum elettorale del 21 giugno, e perciò tutti i diritti per far sì che non venga raggiunto il quorum. Ma, per conseguire questo legittimo obiettivo, non può ricorrere a strumenti che possano danneggiare gli alleati del Pdl, impegnati contemporaneamente nei ballottaggi delle elezioni amministrative. Invece, è quel che sta accadendo. Matteo Salvini ha annunciato che, quel giorno, i leghisti non dovranno recarsi alle urne, ma andare al mare (forse dimenticandosi che la stessa raccomandazione fece, anni fa, Bettino Craxi, e mal gliene incolse). Guido Podestà, il candidato del centrodestra alla Provincia di Milano, ha fatto - o fatto finta di fare pro bono pacis - buon viso a cattivo gioco, dichiarandosi certo che la coalizione vincerà comunque al primo turno. A mio avviso, ha fatto male: se due partiti si coalizzano, il patto deve valere fino in fondo: non è accettabile che a un certo punto uno dei due si chiami fuori e poi magari pretenda di partecipare egualmente ai frutti della vittoria. Oltretutto, vista la presenza di un candidato dell'Udc, non è affatto scontato che la competizione si risolva già il 7 giugno e rinunciare a priori al nocciolo duro dei voti leghisti (una parte andrà comunque a votare, checché ne dicano i dirigenti) è autolesionismo.
Ma i danni che il "lodo Salvini", che immagino riguardi tutta la regione, potrebbe fare il 21 giugno non si fermano qui: oltre che a Milano, si voterà infatti in molte altre Province e Comuni lombardi, dove i ballottaggi appaiono fin da ora inevitabili. L'astensionismo leghista rischia perciò di fare perdere non solo Podestà, ma anche altri candidati, magari appartenenti alla Lega stessa, con conseguenze devastanti per la solidità della coalizione.
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