Balotelli rovina a Ferrara anche l’ultima panchina

La Juve si illude per una papera di Toldo ma poi esce dalla coppa Italia. In attesa di Benitez arriva Zaccheroni, però oggi allena ancora Ciro

Balotelli rovina a Ferrara 
anche l’ultima panchina

Milano Proprio Balotelli. Proprio lui l’uomo inseguito dai tifosi juventini di tutta Italia ha chiuso la carriera juventina di Ciro Ferrara (9 sconfitte in 12 partite). Inter più forte, pur a marce ridotte. Juve sempre Juve, quella di tutto quest’anno: volonterosa, ma difensivamente un gruviera. E oggi largo a Zaccheroni (favoritissimo) o Gentile. La panchina è libera. Anche se non immediatamente, visto che questa mattina l’allenamento sarà comunque guidato da Ciro.
La paperissima di Toldo è stato il segnale che anche l’Inter ha un cuore, e non sempre lo stellone a portata di tiro. Probabilmente Ferrara non è simpatico solo al suo allenatore, ma pure al resto della compagnia. Sennò come spiegare quel molliccio giocare del primo tempo che ha permesso alla Juve di dimenticare, per una mezz’oretta, tutta la litania di nomi e dubbi intorno al suo tecnico. Dato per scontato che una sconfitta avrebbe portato all’immediato licenziamento di Ferrara, si sono susseguite le solite voci. La più credibile parla di un abboccamento fra gli avvocati di Benitez e i dirigenti bianconeri. Un abboccamento e niente più: il tecnico spagnolo potrebbe venir buono per la prossima stagione, se la Juve sarà disposta a versargli almeno 6-7 milioni di euro e Benitez sarà convinto da un adeguato bonus per gestire la campagna acquisti. Con il Liverpool l’accordo è fissato al 2014, ma non tutto fila liscio negli ultimi tempi. Ora crediamo pure che la Juve l’abbia davvero nel mirino, anche se non sarebbe da stupirsi nello scoprire tanto fumo e niente arrosto. Blanc, il presidente tennista, passerà alla storia come il novello «sor tentenna»: «Fallito l’obiettivo, domani (oggi, ndr) vi faremo sapere le nostre decisioni», il suo lapidario commento. E i suoi dirigenti nulla fanno per cercare un minimo di condiscendenza esterna. Poco prima della partita Bettega e il ds Secco hanno smentito a una cronista televisiva gli incontri con gli avvocati di Benitez. E lei: «Ma con voi non c’è Blanc. Dov’è?». Risposta: «Non sono affari suoi».
Juve tesa, diversamente dall’Inter che ha giochicchiato per 45 minuti. Salvo ricominciare con i piagnucolamenti, cari all’ambiente e al suo allenatore, quando un cross di Thiago Motta è stato intercettato dalla mano di Felipe Melo. Proprio all’ultimo minuto del primo tempo. Fino a quel momento il brasiliano era stato guardabile, perfino irriconoscibile nella precisione di alcuni interventi. È durato poco. E quando ha sbagliato ha fatto imbufalire gli interisti, facendo passare l’arbitro Damato per un benemerito della compagnia dei soliti sprovveduti: il rigore era netto, ma non per lui.
Ma tanto è bastato per ravvivare una partita dove la Juve ha giocato con tutto quanto aveva, uomini dignitosi e gioco scarsino, ma tanta aggressività, l’Inter ha lasciato in vacanza qualcuno dei suoi grossi calibri. Balotelli non si è negato qualche sceneggiata, ma quando attacca mette paura (Buffon conferma alla mezzora della ripresa). Pandev è stato degno compare. E Milito per quel poco che ha giocato. Juve frenetica e affannata in difesa, gioca con gli uomini mascherati (Grygera e Cannavaro) ma non sono eroi da fumetto. Più concreta a centrocampo. Candreva sembrava lì per caso. Diego il solito azzeccagarbugli che ci azzecca poco. Il tiro sfilato fra le gambe di Toldo, e in gol dopo 9 minuti, è stato un atto di solidarietà del portiere. Una replica provata nella ripresa, e finita fuori, un saggio più convincente. Però il poveretto si batte come pochi. Solo Buffon gli è stato pari.
E mai è sbiadita l’impressione che l’Inter abbia giocato con regale benevolenza. Come non capirla? Quest’anno ha altro cui pensare. E la Juve ha provato a sfruttare: il palo, pescato dalla testa di Chiellini dopo 10 minuti della ripresa, vale come prova. Finché Lucio non ha rovinato il sogno, anticipando Chiellini sulla linea ed infilando la palla sbucata da una punizione e deviata dalla disastrosa testa di Amauri. E Balotelli ha completato l’opera, raggiungendo quel pallone che Buffon aveva faticosamente respinto a Thiago Motta. E anche questa volta non ha esultato.


In tutto questo, faceva perfino pena veder Ferrara passeggiare nervoso davanti alla sua panca, l’ultima di cui essere titolare in questa dannata esperienza. Ma esserci da allenatore esonerato a prescindere (così decise John Elkann) è comunque da record. Ad ognuno il suo.

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