Una banca che non fa prestiti e non ha assegni

L’Istituto per le Opere di religione, pur operando in tutto il mondo ha un’unica sede dentro le mura vaticane, nel torrione di Nicolò V, a fianco del palazzo del Papa. Lo Ior è una banca «sui generis»: non emette assegni, non concede prestiti. La sua principale finalità è quella di investire e far fruttare i patrimoni per poi disporre di denaro da impiegare in opere di bene. Parte delle rendite vengono messe a disposizione del Papa, che le utilizza per aiutare direttamente situazioni di bisogno e popolazioni in difficoltà. Possono depositare i loro averi allo Ior le diocesi, le parrocchie, gli ordini religiosi e gli enti privati con finalità religiose. Dopo la bufera che si è abbattuta sull’Istituto per il crac del Banco Ambrosiano guidato da Roberto Calvi (che aveva fatto affari con lo Ior allora guidato dall’arcivescovo americano Paul Marcinkus, recentemente scomparso) e il pagamento della cospicua somma di 406 milioni di dollari versata a «titolo volontario», la banca vaticana è stata radicalmente riformata. Con i nuovi statuti, entrati in vigore nel 1990, lo Ior è guidato da un consiglio di sovrintendenza - presieduto da Caloia - e da una commissione cardinalizia di vigilanza presieduta dal Segretario di Stato, Angelo Sodano. Gli altri membri del consiglio di sovrintendenza sono l’americano Virgil Dechant, dei Cavalieri di Colombo; il tedesco della Deutsche Bank Theodor Pietzcker; lo spagnolo del Banco Bilbao-Vizcaya José Angel Sánchez Aslain e lo svizzero Robert Studer, dell’Union de Banques Suisse. Il direttore generale è Lelio Scaletti, il suo vice è Dario Sabbioni.

Lo Ior investe oggi soprattutto in obbligazioni e opera sul dollaro, sull’euro, sullo yen, con buoni risultati anche in periodi di vacche magre per i mercati finanziari. In questi anni, la banca vaticana ha smobilitato quasi tutte le precedenti partecipazioni azionarie.

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