Ma in banca la musica è un’altra Risparmia solo chi il mutuo l’ha già

FAMIGLIE I consumatori: «spread» troppo alti. L’Abi: è la corsa al credito facile che ha fatto fallire il sistema Usa

La Bce porta i tassi al minimo storico: è la notizia del giorno. Ma per il popolo dei mutui e le piccole imprese in cerca di liquidità la domanda è una sola: che cosa mi aspetta oggi in banca? Una domanda che in realtà ha più di una risposta, perché le conseguenze della decisione della Bce non sono identiche per tutti.
I primi beneficiari saranno coloro che hanno mutui a tasso variabile già in corso, cioè quasi due milioni di famiglie. Non immediatamente, certo: dipende dal tipo di contratto che nella maggior parte dei casi è agganciato all’Euribor (il tasso a cui le banche si prestano reciprocamente il denaro, che dipende a sua volta da quello fissato dalla Bce) a tre mesi, in altri casi a quello a sei mesi. Già ora, comunque, è ai minimi record: l’Euribor a tre mesi è all’1,757% e quello a sei mesi all’1,869%. Allo stato attuale, secondo uno studio di Nomisma, la decisione della Bce farà risparmiare alle famiglie con un mutuo a tasso variabile tra i 405 e i 435 euro l’anno, poco più di un euro al giorno: un caffè in un bar del centro, gentilmente offerto da Trichet.
Più difficile ipotizzare i risparmi per chi il mutuo lo deve ancora accendere, sia che scelga il tasso tradizionale sia che si agganci direttamente al tasso Bce: decisivo è infatti lo spread, cioè il margine di guadagno delle banche, che può variare molto, di solito verso l’alto. «In alcuni casi è addirittura raddoppiato, specie per quanto riguarda i mutui al tasso Bce - conferma Paolo Martinello, presidente di Altroconsumo -. Le banche si giustificano perché si assumono un rischio più elevato, ma a nostro avviso è troppo alto comunque. Tanto più che le istruttorie per la concessione dei mutui sono diventate ben più severe che in passato, come segnalano molti nostri associati». Nonchè il Tesoro, che nella sua relazione sottolinea che le condizioni della concessione del credito in Italia sono le più rigide di tutta l’area euro, compreso un inasprimento, seppure «modesto», dei criteri per la concessione dei mutui. D’altra parte, proprio alla severità che non fa sconti alla moda tutta americana del credito facile l’Abi attribuisce la solidità del sistema bancario italiano. E i finanziamenti alle imprese sono aumentati comunque - più 6,60% a dicembre, secondo i dati dell’associazione bancaria -, un po’ meno quelli alle famiglie: più 1,35%, dove pesa soprattutto il più 3,90% del credito al consumo (i cui tassi, peraltro, variano molto da un prodotto all’altro, e non dipendono dalla Bce).
Ma le Pmi non ci stanno: «Il 60% dei nostri associati ha problemi con le banche - afferma Paolo Galassi, presidente della Confapi - che alzano gli spread e scaricano i maggiori costi sul mondo produttivo. E anche il governo dovrebbe tenere in maggior conto i problemi di noi piccoli, specie di chi ha investito nell’innovazione e oggi è in crisi di liquidità, proprio quando c’è un barlume di ripresa degli ordini e alle imprese serve ossigeno.

Bene ha fatto il ministro Scajola ad aumentare il fondo di garanzia per le Pmi, cosa che peraltro già chiedevamo come Confidi: speriamo che le banche si regolino di conseguenza. Ma ne riparleremo dopo il tavolo governo-Pmi del 18 marzo».

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