Le banche contano sempre di più Boom di profitti, l’industria frena

da Milano

Il tessuto economico italiano appare più robusto e orientato all’estero. Anche se il suo «banco-centrismo», non solo dal punto di vista degli equilibri di potere ma anche dei conti, è sempre più evidente.
Sono alcune delle indicazioni che si possono desumere da R&S 2007, l’annuario che Mediobanca dedica ai 50 maggiori raggruppamenti quotati: 35 imprese industriali, 10 banche e cinque assicurazioni. Circa il 90% della capitalizzazione di Borsa.
Le banche dimostrano notevole capacità di creare ricchezza finale: gli istituti di credito, nel 2006, hanno infatti messo a segno un aumento degli utili netti pari al 34%, per esempio testimoniato dalla presenza di Unicredit e Intesa-Sanpaolo al secondo e al terzo posto della classifica generale delle società (senza distinzioni di settore) elaborata per risultato netto, contro la flessione del 6% subita dall’industria manifatturiera. Le banche, i cui ricavi operativi sono lievitati nel 2006 del 26,5%, hanno peraltro visto i loro risultati netti, nel primo trimestre di quest’anno, esplodere dell’80,5%, grazie ad alcuni effetti positivi dell’ultimo Risiko. Anche se, nel nostro sistema bancario, ci sono dei «bachi»: lo stock di crediti dubbi è ancora elevato, le perdite contabilizzate sui crediti sono salite l’anno scorso del 32,2 per cento. La progressiva preminenza del finanziario, almeno in termini prettamente reddituali, è dimostrata dall’andamento delle assicurazioni (utile netto a +21,7%).
La nostra economia, tuttavia, resta profondamente manifatturiera. Sono 35 i gruppi in utile, solo tre quelli in perdita. Eni ha avuto in assoluto il risultato netto migliore. Anche se, l’anno scorso, l’industria in generale ha dovuto subire un rallentamento del 6% dell’utile netto, che ha però fatto il paio con un balzo del 13,6% dei margini operativi netti, trainati da Eni, Fiat e Tenaris, e del 16,2% del risultato corrente (con i gruppi privati che corrono di più grazie a un +23,4% a fronte del +12% dei gruppi pubblici). Da evidenziare una notevole dipendenza dall’economia post-pubblica: Eni ed Enel hanno sviluppato insieme la metà degli utili netti di tutta l’industria italiana. Interessante un’altra osservazione, naturale per un’economia export-oriented: il fatturato interno è salito del 7,8%, quello estero del 15,9 per cento. E, sui mercati stranieri, i gruppi a controllo pubblico hanno visto i ricavi aumentare del 24,8%, contro il +10% dei privati. Quindi, l’internazionalizzazione in corso trainata da Eni ed Enel.
Spicca per la crescita Tenaris, il cui valore aggiunto è cresciuto dal 2004 del 166,9 per cento. Come capacità di profitto, la numero uno è Terna con un risultato corrente pari al 48% del fatturato.

E, nella strategica partita dell’innovazione, in cui l’indicatore è dato dal rapporto fra spese in R&S e fatturato, in testa c’è StMicroelectronics con una quota del 16,9 per cento. Una annotazione: la Fiat Auto del turn-around di Sergio Marchionne è passata dal destinare alla ricerca il 5,2% del fatturato nel 2005 al 2,9% nel 2006.

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