Banche: fusioni nazionali al capolinea

L’utilizzo di strumenti derivati va ripensato Per capire bene la salute del sistema ci vorrà qualche mese

da Roma

Le concentrazioni bancarie nazionali, finora prevalenti in Europa, potrebbero essere giunte «al limite»; gli sviluppi attuali sui mercati finanziari e dei cambi favoriranno probabilmente - una volta che il polverone sollevato dalla crisi si diraderà - operazioni di consolidamento fra istituti di diversi Paesi.
A Francoforte, dove partecipa al seminario sulle «trasformazioni nell’industria finanziaria europea» del Centro per gli studi finanziari, il governatore di Bankitalia Mario Draghi analizza il quadro che incomincia ad emergere dalla crisi legata ai mutui Usa, dall’andamento dei mercati e dalle nuove regole internazionali di sorveglianza. «In Europa - spiega - l’armonizzazione delle procedure contabili e di supervisione probabilmente stimolerà gli accordi cross border. La concentrazione bancaria nazionale, che prevale nel continente nonostante alcuni accordi internazionali di grande visibilità, può aver raggiunto il limite. Nella maggior parte dei Paesi, la quota di mercato delle maggiori banche è già elevata, e le autorità antitrust difficilmente autorizzeranno ulteriori fusioni».
Qualche dato in proposito. Dal ’95 a oggi, ricorda Draghi, sono stati raggiunti 20 mila accordi, per un valore pari a 3 mila miliardi di euro; negli ultimi dieci anni si sono registrate circa 30 grandi concentrazioni fra banche con asset superiori a 100 miliardi di euro; e oggi le prime dieci banche del mondo hanno ciascuna asset oltre i mille miliardi di dollari.
Draghi si chiede se e quanto la recente turbolenza potrà modificare l’industria dei servizi finanziari, basata sul modello Otd (originate-to-distribute) grazie al quale le banche distribuiscono i rischi sul mercato attraverso strumenti finanziari. Più che una crisi vera e propria del modello Otd, il governatore di Bankitalia vede la necessità di un suo adattamento ai tempi: «È difficile immaginare che il sistema bancario abbandoni le pratiche di securitization. Sono infatti diventate, insieme con l’esplosione dei derivati, il motore per lo sviluppo di un mercato secondario dei prestiti, che prima esisteva solo su scala limitata. Il modello Otd - aggiunge - dovrà essere adattato, e sarà il settore privato a dover riportare fiducia nei mercati». Non manca, poi, un messaggio ai regolatori perché rafforzino gli obblighi per chi investe in hedge fund utilizzando i fondi pensione.
«Dobbiamo aspettare qualche mese per avere tendenze chiare» sull’andamento del settore bancario, commenta il governatore al termine della sua lettura. Nessun dubbio, invece, sul comportamento assunto dalle banche centrali, in particolare dalla Bce, nell’affrontare le nuove sfide di politica monetaria. La comunicazione è diventata sempre più importante, e bisogna evitare sorprese, per ridurre incertezze e volatilità.

«Tuttavia - precisa Draghi - la politica monetaria non deve essere guidata dai partecipanti al mercato, ma dallo scenario economico. La leadership deve restare nelle mani delle autorità monetarie». La politica, è il messaggio, non invada il campo. Per Draghi «la stabilità dei prezzi si è dimostrata un’ancora robusta in tempi di grave turbolenza».

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