Banche, Mussari spiana la strada al contratto

Il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, spiana la strada al rinnovo del contratto dei bancari con una lettera-bazooka in cui chiede di congelare i «super-stipendi» del settore e invita i massimi dirigenti ad auto-tassarsi per creare nuova occupazione nella malconcia industria del credito italiana. La mossa, di grande peso politico, è contenuta nella missiva partita da Roma il 12 gennaio alla volta dei presidenti, degli amministratori delegati e dei direttori generali degli istituti di credito associati a Palazzo Altieri. Pur con i toni paludati propri dell’Abi, Mussari - dopo aver richiamato la durezza della crisi, i sacrifici chiesti agli italiani dal governo Monti e il ristagno del pil - scrive di ritenere «doveroso» che le banche compiano un ulteriore sforzo di «moderazione» delle buste paga dei vertici, così da giungere «per quanto possibile» e senza provocare scossoni nelle prime linee, ad evitare incrementi salariali «per il periodo di vigenza del contratto nazionale delle altre categorie». In sostanza nessun aumento per i prossimi tre anni. Non solo, Mussari sottolinea di ritenere «opportuno» che le «figure apicali più rilevanti» contribuiscano alla nascita del nuovo Fondo per l’occupazione, rinunciando indicativamente al 4% della retribuzione fissa.
La determinazione del messaggio e la contabilizzazione del contributo sono due spie inequivocabili di come la firma del contratto nazionale dei bancari sia imminente. Con questa lettera Mussari accoglie infatti le due principali pregiudiziali poste dalla Fabi e dalle sigle ex confederali (Fiba-Cisl, Fisac-Cgil e Uilca-Uil): le trattative riprenderanno domani e quasi sicuramente la firma sarà posta già in settimana.
A meno di imprevisti, la piattaforma prevederà, come chiesto dai sindacati, un recupero dell’inflazione pari al 6,20% in tre anni (in termini Ipca). L’Abi incassarebbe invece garanzie di maggiore produttività e la sospensione per due anni di alcuni diritti acquisiti, come gli scatti di anzianità; resta invece da capire quale sarà il compromesso sulle ex-festività che le banche vorrebbero congelare. Palazzo Altieri ha poi ottenuto una deregulation sugli orari, così da consentire agli sportelli di rimanere aperti fino alle dieci di sera (oggi è già prevista l’operatività al sabato). L’altra scelta strategica sarà quella di riportare in casa le attività prima esternalizzate (come i call center), solo in cambio però di un taglio del 20% del minimo contrattuale. In questo modo Francesco Micheli, deus ex machina dell’Abi al tavolo delle trattative, centrerà l’obiettivo dell’associazione di avvicinare il costo del lavoro in banca a quello delle Poste di Massimo Sarmi, che con il Banco Posta dà non poco filo da torcere soprattutto sulla clientela low cost.
Il nuovo Fondo per l’occupazione sarebbe inoltre finanziato, pur con diversa gradualità, non solo dai top banker ma dall’intero corpus direttivo delle singole aziende creditizie (a partire dai dirigenti di primo livello) e dovrebbe ricevere i 190 milioni di euro oggi giacenti sul Fondo esuberi per la formazione. Una piccola rivoluzione: a conti fatti il Fondo per l’occupazione dovrebbe infatti essere abbastanza capiente per aiutare il sistema bancario ad assumere 16mila persone nei prossimi tre anni; si parla di un contributo fiscale prossimo a 2.800 euro per ogni nuovo addetto. Un buon viatico per i prossimi piani industriali.

Una volta superato lo scoglio del contratto, l’Abi e i sindacati dovranno infine riprendere in mano il fondo esuberi per adattare il principale ammortizzatore sociale del settore alla riforma pensionistica voluta dall’esecutivo.

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