Le bandiere regionali sono brutte? Ciò che conta è quel che sta sotto

Il problema non è tanto quello di esporre le bandiere regionali a fianco di quella nazionale. Non ci sarebbe nulla di male. In una Regione potrebbe sventolare la bandiera Italiana tra quella europea e quella regionale. Non vedo tutto questo accanimento contro la simbologia locale, se appunto il Vessillo Nazionale resta quello di riferimento.
Il fatto è che non esistono bandiere regionali! L’araldica, vale a dire la scienza della composizione delle simbologie rappresentative di famiglie, gruppi, associazioni, popoli, nazioni... ha regole molto precise e che sono frutto di una esperienza millenaria. Oggi si direbbe che nella formazione di un «logo» identificativo, questo deve rispondere a una efficienza simbolica di chiara identificazione storica locale.
Nella fattispecie, nel definire i simboli e le bandiere regionali si è proceduto invece con pressappochismo e dilettantismo. Tranne le regioni Valle d’Aosta, Piemonte, Trentino Alto Adige (Provincia Autonoma), Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia che adottano seri vessilli di derivazione storica, tutte le altre Regioni hanno utilizzato una simbologia assurda. Il Lazio ha creato un puzzle illeggibile con i simboli delle cinque province. E se queste cambiassero? Il logo delle Marche sembra quello di un supermarket. L’Umbria, la Lombardia, l’Emilia Romagna hanno raffigurazioni che non si comprendono, la Liguria ha il peggior assortimento di colori, mentre le restanti Toscana, Abruzzo, Molise, Basilicata, Campania e Puglia hanno bandiere con stemmi di pessima composizione araldica. Faccio un esempio semplice-semplice: perché per il Lazio non si è adottata la Lupa capitolina?
Rivediamo tutta l’araldica regionale e poi ne riparliamo!
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Caro Pepe, prendendo spunto dalla sua lettera che definirei «araldicamente corretta» ho fatto un giretto su internet a curiosare fra i vessilli regionali per rinfrescarmi un po’ la memoria. Alcuni me li ricordavo bene, di altri (lo confesso) non avevo quasi memoria. In effetti, lei ha ragione: molte regioni italiane presentano simboli (o «loghi», o «marchi», come li vogliamo chiamare, anche se questi due termini fanno pensare più che altro a prodotti di largo consumo, e non a tasselli che dovrebbero comporre l’unità nazionale) esteticamente non all’altezza della loro storia e delle loro tradizioni. La cosa dipende sicuramente in parte dall’abilità dei «creativi» coinvolti, dal «gusto» degli amministratori che a suo tempo scelsero l’immagine in questione e da vari altri fattori che, non nascondiamocelo, attengono in buona misura al marketing, più che a quella che dovrebbe essere la sintesi grafica del «comune sentire» regionale. Già che c’ero, poi, ho dato un’occhiata anche ai vessilli dei Länder tedeschi, dei cantoni svizzeri e delle contee inglesi. In genere, molto più belli dei nostri, lo ammetto. Ma, diciamolo chiaro: quel che conta è soprattutto ciò che sta sotto le bandiere.

E sotto il Tricolore, nonostante tutto, io vedo ancora molte cose buone e belle, a dispetto di un certo disfattismo che dovrebbe, questo sì, ammainare la sua bandiera bianca.

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