Bankitalia, atto d'accusa contro il governo sulle pensioni

Il governatore Draghi: "Necessario aumentare l’età pensionabile. Conti a rischio nel 2008, non esiste alcun tesoretto da spendere". Il centrodestra: "Va ascoltato". Veltroni: "Parole dure ma coraggiose". Rifondazione non ci sta: tappiamoci le orecchie

Bankitalia, atto d'accusa  
contro il governo sulle pensioni

Roma - «Le scelte in materia previdenziale sono cruciali nell’assicurare un riequilibrio duraturo dei conti pubblici». All’inizio della settimana che Romano Prodi definisce «decisiva» per le pensioni, piomba nel dibattito politico l’avvertimento del governatore di Bankitalia: «Dobbiamo chiederci quante tasse dovranno pagare i giovani nei prossimi anni - dice Mario Draghi - per sostenere il sistema pensionistico così com’è». La soluzione, di fronte a un Paese che invecchia, è per Draghi obbligata: «Aumentare gradualmente l’età media effettiva di pensionamento, e sviluppare le forme previdenziali complementari».

Davanti alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato, il governatore ricorda che, secondo le stime dell’Istat, il rapporto fra ultrasessantenni e popolazione in età da lavoro, oggi al 42%, salirà al 53% nel 2020 e all’83% nel 2050, con ricadute pesantissime sulla spesa previdenziale. È perciò necessario allargare l’orizzonte temporale di riferimento per l’azione politica: «Ridurre il debito pubblico e garantire la sostenibilità del sistema previdenziale devono essere il primo investimento dello Stato a favore dei giovani e delle generazioni future».

In questa prospettiva «il controllo della dinamica della spesa pubblica è cruciale», osserva Draghi. Analizzando i contenuti del Dpef, il governatore rileva invece con disappunto che oltre la metà del miglioramento dei conti 2007, rispetto alle valutazioni di dicembre, viene ora destinato dal governo al finanziamento di maggiori spese. Questo, mentre la pressione fiscale sale ancora al 42,8%, e la spesa primaria cresce del 4,3%. Il deficit di quest’anno è indicato al 2,5% del pil, anche se al netto delle misure temporanee (ad esempio il trasferimento del Tfr all’Inps) siamo intorno al 3%. «La fase congiunturale favorevole - puntualizza Draghi - avrebbe consentito di accelerare il riequilibrio dei conti pubblici, intervenendo sulla spesa primaria corrente». Congiuntura favorevole che prosegue: secondo il Bollettino di Bankitalia presentato ieri, l’economia crescerà quest’anno del 2% per calare all’1,7% nel 2008, in un contesto caratterizzato dall’aumento delle spese (e dell’indebitamento, +11% rispetto al 2006) delle famiglie.

Anche il governo ha scelto la spesa, con il decreto-tesoretto. Ma adesso Draghi ricorda ai parlamentari che non c’è alcun tesoretto da spendere e spandere: l’extragettito dovrebbe essere usato per ridurre il disavanzo e il debito, in caso contrario il rischio è quello di dover fare correzioni di bilancio in futuro, con un ciclo meno positivo. La parola stessa tesoretto è «fuorviante», aggiunge: «Con il nostro debito pubblico, con un disavanzo strutturale del 3%, con oneri significativi attesi nei prossimi anni a causa delle prospettive demografiche, non esiste un tesoretto da spendere». Mentre sarebbe utile ridurre la spesa per permettere il calo della pressione fiscale. A questo proposito, Draghi ricorda che a fine giugno le entrate tributarie sono aumentate del 5,1% rispetto all’analogo periodo del 2006, mentre il Dpef stima un incremento annuo del 4,6%. «Sul fisco la linea guida da seguire è una: far pagare le imposte a tutti, per ridurle agli onesti», dice il governatore.
Draghi lancia poi uno sguardo sul 2008 e gli anni successivi.

E il panorama non appare confortante. Il Dpef prevede per l’anno prossimo una riduzione del disavanzo di 0,3 punti, al 2,2% «a legislazione vigente», cioè senza manovra correttiva. Ma lo stesso Documento menziona oneri che derivano da impegni presi dal governo, da stanziamenti per contratti pubblici e investimenti Anas e Fs, e da possibili nuove iniziative del governo per una stima totale di 11 miliardi di euro. Questo porterebbe il deficit al 2,9%, evidenziando «la necessità di interventi correttivi per almeno 0,7 punti di pil», cioè una manovra da una decina di miliardi di euro. La gran parte del percorso verso il pareggio di bilancio è poi concentrato a fine legislatura, nel 2011, tanto da far dire a Draghi che «il governo rinuncia ad accelerare il risanamento».

Le parole del governatore in Parlamento spingono il centrodestra a parlare di «bocciatura» della politica economica del governo. Da Sandro Bondi a Gianni Alemanno, da Mario Baccini ad Altero Matteoli, tutta la Cdl preme su Prodi: «Ascolti Draghi e non ceda ai ricatti dell’ultrasinistra». Rifondazione comunista, con Giovanni Russo Spena, parla al contrario di «posizione ideologica» del governatore e invita il premier a tapparsi le orecchie. «Oggi Draghi ha detto cose dure e difficili, ma vere e coraggiose: bisogna guardare all’interesse del Paese e dei giovani», commenta Walter Veltroni.

E Massimo D’Alema cerca di trovare una via d’uscita: «Draghi chiede riforma delle pensioni e meno tasse? È quanto stiamo cercando di fare - spiega il ministro degli Esteri - attraverso una soluzione ragionevole, compatibile con la tenuta del sistema».

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